- Mentre i rappresentanti di molte nazioni si sono riuniti il dicembre scorso a Madrid alla Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP25) per discutere le politiche di gestione del riscaldamento globale, un nuovo, esauriente rapporto mostra come il cambiamento climatico stia colpendo in maniera sproporzionata l'Artico e l'Antartide. L'Artico, in modo particolare, si sta riscaldando molto più velocemente rispetto al resto del pianeta.
- Se il pianeta verrà interessato da un aumento di 2°C delle temperature medie, le regioni polari, secondo i ricercatori, saranno gli ecosistemi maggiormente colpiti, con cambiamenti drastici che andranno a interessare queste regioni. Quando le latitudini più basse avranno raggiunto quel valore, si prevede che le temperature nell'Artico aumenteranno di 4°C.
- Le regioni polari stanno già sperimentando uno scioglimento veloce del ghiaccio marino, lo scongelamento del permafrost, incendi boschivi da record, il distacco di blocchi di ghiaccio marino ed effetti sulle specie adattate ai climi freddi, dagli orsi polari dell'Artico ai pinguini dell'Antartide. Quello che succede nelle zone fredde non si ferma lì: l'innalzamento del livello dei mari e i climi temperati estremi sono entrambi legati a ciò che accade ai Poli.
- Secondo gli studiosi, l'unico modo per uscire da questa situazione diretta ad una catastrofe climatica ai Poli è che i Paesi comincino sin da ora a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra e che adottino tecnologie e politiche verdi e sostenibili. Resta da vedere se i delegati presenti alla COP25 adotteranno queste soluzioni.
Mentre i delegati di 193 Stati membri si riuniscono a Madrid in occasione della venticinquesima Conferenza annuale delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP 25) gli studiosi danno l’allarme in un nuovo rapporto sui rapidi cambiamenti dell’Artico e dell’Antartide.
Solo negli ultimi dieci anni, l’Artico si è riscaldato di 0,75°C. Di contro, ci sono voluti 137 anni perché l’intero pianeta si riscaldasse all’incirca allo stesso modo, cioè di 0,8°C.
Di conseguenza, la regione è stata sottoposta ad una trasformazione significativa, caratterizzata dallo scioglimento del ghiaccio marino, dallo scongelamento del permafrost e dagli incendi boschivi. Le specie adattate ai climi freddi, come gli orsi polari e i trichechi, devono ora affrontare un futuro incerto e pericoloso. Nel corso dei decenni a venire, il loro habitat naturale potrebbe diventare praticamente irriconoscibile.
“È troppo tardi per evitare gli effetti pericolosi del cambiamento climatico, perché li stiamo già sperimentando e gli impatti amplificati sull’Artico ne sono un chiaro segnale,” ha spiegato Michael Mann, un famoso climatologo, a Mongabay. Sostiene però che sia ancora possibile evitare un riscaldamento catastrofico superiore a 1,5°C. “Sarà necessaria una drastica diminuzione delle emissioni globali di carbonio pari a oltre il 7% all’anno per i prossimi dieci anni e uno degli obiettivi primari della COP25 deve essere quello di effettuare queste diminuzioni.”
In un esauriente rapporto pubblicato a dicembre su Science Advances un team internazionale di ricercatori, tra cui Mann, ha documentato gli effetti ad ampia portata del riscaldamento climatico in entrambe le regioni polari, sia sulla terraferma che in mare. “Molti dei cambiamenti sono così drammatici che ti fanno pensare a cosa succederà nel prossimo decennio,” ha commentato Eric Post, autore principale del rapporto e professore di ecologia del cambiamento climatico presso l’Università della California, Davis.
I ricercatori hanno inoltre esaminato le potenziali conseguenze per le regioni polari di un probabile avvicinamento del pianeta ad un aumento delle temperature di 2°C oltre la media di riferimento tra il 1981 e il 2005. Una volta che le latitudini più basse avranno raggiunto quel punto, si prevede che l’Artico, riscaldandosi più rapidamente, vedrà un aumento della temperatura annuale di 4°C, con aumenti fino a 7°C durante l’inverno boreale.
Sebbene le temperature siano state più stabili al Polo Sud, l’Antartide si trova all’alba di una nuova epoca influenzata dal cambiamento climatico. Si prevede che il continente di ghiaccio raggiunga un aumento della temperatura pari a 3°C durante l’inverno australe (estate nell’emisfero settentrionale), superando di gran lunga il riscaldamento delle zone temperate e tropicali.
“In una situazione di scenario immutato, l’intero pianeta potrebbe raggiungere quella condizione [di innalzamento di 2°C] in circa 40 anni,” ha detto Post. “Ma l’Artico è già in quella condizione per alcuni mesi all’anno e potrebbe raggiungere il livello di riscaldamento di 2°C su base media annua circa 25 anni prima del resto del pianeta.”
Infatti, molti dei cambiamenti che erano stati previsti in passato sul futuro dell’Artico si stanno verificando molto prima del previsto. Precedentemente, gli esperti di ghiacciai pensavano che l’Oceano Artico non avrebbe sperimentato estati prive di ghiaccio prima del 2030-2050, con alcune vecchie proiezioni che spostavano la data addirittura fino al 2070. Questa data è stata però già rivista e portata ad un “più credibile” 2030, una previsione fortemente dipendente da se e in quale misura verranno ridotte le emissioni di anidride carbonica. I nuovi tagli sulle emissioni dipendono da quello che accadrà a livello diplomatico a Madrid e molti analisti si dicono pessimisti riguardo ad eventuali importanti svolte politiche.
Il ghiaccio marino dell’Artico diminuisce in ogni mese dell’anno, con le perdite maggiori registrate verso la fine dell’estate, sebbene le altre stagioni stiano vedendo un’accelerazione dello scioglimento. In Antartide, la distesa di ghiaccio marino è leggermente aumentata tra il 1978 e il 2015, ma ora la situazione sta cambiando. Negli autunni australi del 2017 e 2018, la distesa di ghiaccio marino ha raggiunto i minimi storici, o quasi.
I cambiamenti nelle regioni polari non si limitano ai confini del pianeta; stanno già colpendo le latitudini più basse. Mentre i ghiacciai e le calotte glaciali terrestri si sciolgono e si distaccano cadendo nell’oceano, il livello degli oceani, su scala globale, aumenta. Il ghiacciaio Thwaites, nell’Antartide occidentale, è un candidato allo scioglimento particolarmente degno di nota, poiché sta perdendo in mare più del doppio della quantità di ghiaccio persa negli anni Novanta. Si calcola che, a causa del rapido distaccamento di blocchi di ghiaccio dal ghiacciao di Thwaites, il livello degli oceani aumenterà ulteriormente di 1,2 metri entro due secoli.
A partire dal 2001, le previsioni sull’innalzamento del livello degli oceani dovuto allo scioglimento dei ghiacciai, effettuate dal Pannello Intergovernativo delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, sono state ripetutamente corrette al rialzo a causa dell’accelerazione del riscaldamento dei Poli. L’attuale livello globale di innalzamento degli oceani si è verificato ad un tasso medio di 1,8 millimetri all’anno nell’arco di un secolo, ma recentemente questo tasso è stato calcolato vicino ai 2,8-3,1 millimetri all’anno (1993-2003).
“La perdita di ghiaccio marino estivo e l’assottigliamento di quello invernale causerà dei punti critici a livello climatico e degli ecosistemi,” ha detto James Overland, oceanografo presso l’americana NOAA (Amministrazione nazionale oceanica ed atmosferica). “Dobbiamo fare tutto il possibile adesso per evitare questa situazione”.
I ricercatori pensano che la perdita di ghiaccio marino artico stia continuamente alimentando il clima estremo negli Stati Uniti, in Europa e in altre zone della fascia temperata. La siccità della California verificatasi tra il 2011 e il 2017, ad esempio, deve in parte le sue origini, secondo i ricercatori, ai cambiamenti che si verificano nell’Artico.
“Il messaggio importante in questo caso è che le regioni polari, l’Artico in particolare, costituiscono un laboratorio per studiare le tipologie di impatti ambientali del riscaldamento climatico che vedremo a latitudini più basse, negli Stati Uniti e in Europa, se non passiamo all’azione,” ha detto Mann.
Poiché le regioni polari ospitano una varietà di specie endemiche, adattate al clima freddo, questi cambiamenti rapidi e improvvisi mettono a repentaglio la loro sopravvivenza nel lungo periodo. Le difficoltà affrontate dagli orsi polari, ampiamente documentate alla tv, hanno mostrato questa specie come un chiaro perdente nella lotta al cambiamento climatico. Dato che il ghiaccio scompare, gli orsi devono bruciare più energie per spostarsi tra zone di ghiaccio marino instabile e il mare aperto alla ricerca di cibo e devono far fronte a carenze nutrizionali durante il digiuno estivo. Anche i pinnipedi (foche e altri mammiferi semiacquatici), che costituiscono le prede degli orsi polari, potrebbero scomparire. I trichechi del Pacifico, in assenza di ghiaccio, si ammassano a migliaia su strisce di terra, il che spesso risulta in morti per calpestamento nel caso in cui gli animali si muovano di soprassalto. Inoltre, il fatto che il ghiaccio marino si rompa in primavera prima di quanto previsto, cuccioli di foca della Groenlandia e di foca anellata vanno incontro a stress e muoiono.
Sulla terraferma, la vegetazione viene racchiusa e bloccata da una morsa di ghiaccio, a causa di sempre più frequenti episodi di pioggia su neve, impendendo a caribù e renne di alimentarsi durante gli inverni rigidi. I pascoli polari incrostati di ghiaccio hanno portato ad una strage di ungulati, morti di fame, la più recente sulle isole Svalbard. Sulla penisola russa dello Yamal, tra il 2013 e il 2014, 61.000 renne sono morte a causa di uno di questi episodi, precisa il nuovo studio.
Per evitare una catastrofe ecologica totale nelle zone polari, gli autori del rapporto sostengono che le conseguenze negative del cambiamento climatico dovranno essere ridotte attraverso “una rafforzata collaborazione internazionale e accordi di cooperazione.”
L’obiettivo principale della COP25 sarà quello di determinare le regole dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, al fine di formare mercati del carbonio tra nazioni, città e grandi società, per incentivare le strategie di riduzione delle emissioni. Tuttavia, a causa della situazione disperata in cui si trova il pianeta, molti analisti sostengono che questo approccio sia troppo ristretto e che la crisi climatica necessiti di un atto molto più aggressivo. Le nazioni, in modo particolare, devono farsi avanti e aumentare e aderire agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Invece le cose stanno andando nella direzione opposta, dato che quasi tutte le nazioni non si stanno rivelando all’altezza delle promesse di riduzione dei gas serra fatte a Parigi. Nel novembre 2019 l’amministrazione Trump ha iniziato il processo, della durata di un anno, che farà formalmente uscire gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, mettendo a repentaglio il futuro dell’Artico, dell’Antartide e di tutto il pianeta.
Anche se le emissioni di carbonio venissero miracolosamente arginate domani, le regioni polari continuerebbero comunque a modificarsi. “C’è un ritardo tra gli aumenti di temperature e lo scioglimento delle maggiori calotte di ghiaccio,” ha detto Overland. “Anche se il tasso di innalzamento del livello degli oceani è ridotto per i prossimi decenni, l’effetto si manifesta con forza dopo il 2040 e potrebbe continuare ad aumentare nonostante la riduzione.”
Durante il discorso di apertura della COP25, il segretario generale della Nazioni Unite, António Guterres ha detto: : “Ci ritroviamo in un momento critico per quanto riguarda i nostri sforzi collettivi per limitare questo pericoloso riscaldamento globale. Alla fine del prossimo decennio saremo su uno di due possibili percorsi: uno è il percorso della resa, dove abbiamo camminato come sonnambuli superando il punto di non ritorno, mettendo a rischio la salute e la sicurezza di ciascun abitante del pianeta…L’altra opzione è il percorso della speranza. Un percorso di risolutezza, di soluzioni sostenibili…Questo è l’unico modo per limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5°C entro la fine di questo secolo.”
Mann, nonostante le cattive notizie provenienti da nord a sud, si dice “speranzoso che agiremo in tempo per evitare le conseguenze peggiori del cambiamento climatico, qualcosa che il nostro rapporto descrive come ancora possibile.”
Immagine di copertina:: vitelli di bue muschiato in Groenlandia. Gli animali giovani sono in particolar modo vulnerabili ai fenomeni atmosferici estremi causati dal cambiamento climatico, come gli episodi di pioggia su neve, che possono ricoprire i pascoli delle regioni polari di ghiaccio, portando gli animali a morire di fame in massa. Immagine di Eric Post, UC Davis.
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2019/12/world-is-fast-losing-its-cool-polar-regions-in-deep-trouble-say-scientists/