Un'azienda controllata da una famiglia indonesiana influente a livello politico e un investitore neozelandese hanno iniziato il disboscamento di un'area della foresta pluviale per creare la piantagione di palme da olio più grande del mondo.Il progetto porterà l'agricoltura industriale nel cuore delle foreste pluviali primarie dell'area meridionale di Papua ma sono numerose le accuse di illegalità.Sebbene con la riassegnazione delle terre a nuovi investitori siano state prese le distanze da tali accuse, il fatto che il governo non abbia svolto indagini in merito continua ad avere conseguenze. Nella provincia indonesiana più orientale di Papua una nuova impresa dell’agroindustria ha iniziato i lavori di deforestazione per creare la maggiore piantagione di olio di palma al mondo su cui ricadono vaste accuse di illegalità. Quando il progetto Tanah Merah sarà completato genererà circa sei miliardi di dollari in legname pregiato creando una piantagione, nel cuore del più vasto pezzo di foresta tropicale intatta in Asia, grande quasi il doppio della città di Londra. Emetterà anche un valore immenso di diossido di carbonio in un momento in cui l’Indonesia si è impegnata nel ridurre le emissioni da deforestazione. Sin da marzo dello 2019, il Digoel Agri Group, fondato da una famiglia di Giacarta con legami politici ed ora sostenuta da investitori neozelandesi, ha buttato giù 170 ettari di foresta tropicale in una parte del progetto prima escluso dalla deforestazione, secondo le immagini satellitari. La ripulitura rappresenta una frazione dei 280 mila ettari destinati al progetto che ora è controllato da conglomerati differenti, ma ci dice che la deforestazione potrebbe rapidamente accelerare dopo un decennio di false partenze da parte di altri investitori. Fotografia da satellite, scattata alla fine del novembre 2019, che inquadra il disboscamento effettuato da Digoel Agri. Sin dalla sua prima concezione nel 2007 si sono avuti vari cambi di mano nel progetto con vari investitori che impiegano tecniche di segretezza di impresa grezze e complesse per nascondere le identità. La stessa assegnazione della licenza è segnata da irregolarità. Un’indagine transfrontaliera di The Gecko Project, Mongabay, Malaysiakini e Tempo, pubblicata a novembre 2018, rivelò che i permessi principali erano stati firmati da un rappresentante eletto che era in carcere per accaparramento di fondi statali. Una successiva indagine trovava che le autorità credevano che altri permessi essenziali, sia per la piantagione che per la segheria enorme, per trattare il legname erano stati falsificati. Due imprese, la cui maggioranza era di proprietà di aziende registrate negli Emirati Arabi, iniziarono ad operare con questi permessi nella parte settentrionale che ora è tenuta da Digoel Agri. In risposta alle domande scritte di Gecko Project e Mongabay hanno negato le accuse di falsificazione dei permessi. Sulla carta il coinvolgimento di Digoel Agri nel progetto rappresenta un punto di discontinuità da queste accuse. La ditta giunse sulla scena dopo che i permessi sospetti tenuti dai precedenti investitori erano stati revocati e riassegnati ad esso. Secondo Jackson Iqbal de Hesselle, che fa parte della famiglia Rumangkang e che è dietro Digoel Agri, le operazioni sono pulite. “Osserviamo le regole” ha detto di recente in una interviste nel suo ufficio di Jayapura, capitale della provincia papuana. Comunque, mentre non ci sono chiari legami tra la Digoel Agri ed i precedenti investitori, la sua capacità di operare è possibile per il presunto processo di licenza compromesso accaduto prima. La base legale delle attività dellla Digoel Agri si basa in parte sui decreti che riassegnano la terra per permettere lo sviluppo emessi dal ministero delle foreste nel 2012, dopo le richieste di precedenti investitori che si basavano su permessi di piantagioni presumibilmente falsificati. Fino all’anno scorso le accuse dovevano ancora essere indagate, dissero vari burocrati di differenti agenzie di stato. Le ONG che esaminarono il progetto affermano che i burocrati si affrettarono a ridistribuire le terre ai nuovi investitori senza tenere in conto propriamente le accuse di irregolarità nel processo di licenza e gli impatti ambientali e sociali che avrebbe il progetto. Arie Rompas, direttore delle campagne sulle foreste per Greenpeace Indonesia, definì il progetto Tanah Merah uno scandalo pubblico e disse che si sarebbe dovuto esaminare e revocare i permessi. “C’è ancora un’opportunità per salvare questa area” disse Arie Rompas.