- Un nuovo studio ha rilevato un calo del 45% della biomassa di importanti specie ittiche nelle barriere coralline a ovest dell’isola di Hawaii in un periodo di 10 anni.
- Secondo la ricerca, l'inquinamento da acque reflue è stato il principale contributo al declino della biomassa ittica; la pesca subacquea, la raccolta di pesci da acquario e la pesca con reti da posta si posizionano subito dopo.
- Lo studio fornirà informazioni su nuove pratiche di gestione per proteggere le barriere coralline delle Hawaii, compresa l'iniziativa dello stato “30 per il 30”, che mira a designare il 30% delle acque costiere delle Hawaii come aree marine protette entro il 2030.
Un ecosistema corallino sano è come una città ben gestita. Ogni pesce residente ha un compito nel mantenimento della barriera corallina: alcuni mangiucchiano le alghe che minacciano di soffocare il corallo, mentre altri sgranocchiano i frammenti di corallo, facendo spazio a nuovi polipi. A sua volta, la barriera corallina fornisce cibo e un rifugio dove i pesci possano dormire, riprodursi e nascondersi dai predatori. Queste relazioni sono simbiotiche: il pesce aiuta la barriera e la barriera aiuta il pesce.
Ma quando i pesci scompaiono improvvisamente da una barriera corallina a causa della pesca o dell’inquinamento, il sistema viene sbilanciato e una barriera corallina può deteriorarsi fino al collasso, specialmente quando lo sbiancamento dei coralli e altri fattori indotti dal cambiamento climatico vengono gettati nel mix. Questo è esattamente ciò che, secondo un nuovo studio, sta accadendo alle barriere coralline nelle acque costiere occidentali della Grande Isola di Hawaii, conosciuta come la costa di Kona.

Pubblicato il mese scorso su Ecological Applications, lo studio indaga sul modo in cui le attività umane, come la pesca, il prelievo di specie marine per gli acquari e l’inquinamento, influenzano i cosiddetti pesci-risorsa che vivono in acque poco profonde lungo la barriera corallina. Lo studio definisce i pesci-risorsa come specie che sono “importanti per la sussistenza locale o per i settori culturali”, ad esempio fornendo cibo o un guadagno per la collettività. Nel complesso, è stata documentata una diminuzione del 45% della biomassa dei pesci-risorsa nelle barriere coralline lungo la parte occidentale dell’isola di Hawaii tra il 2008 e il 2018.
“Un calo del 45% in 10 anni è molto allarmante”, ha affermato Greg Asner, coautore dello studio e direttore del Center for Global Discovery and Conservation Science presso l’Arizona State University (ASU), un programma con cui Mongabay sta sviluppando una collaborazione.
Per lo studio, Asner ei suoi colleghi hanno analizzato i dati dell’indagine sui pesci raccolti dalla Division of Aquatic Resources (DAR) delle Hawaii, che gestisce i sistemi di pesca e la barriera corallina a livello statale, tra il 2008 e il 2018 in 300 siti lungo 180 chilometri (112 miglia) di costa. Hanno anche utilizzato i dati ottenuti dal Global Airborne Observatory dell’ASU, un laboratorio a bordo di un aereo che cattura immagini 3D delle barriere coralline sottomarine, e hanno calcolato la quantità di inquinamento da azoto che ha raggiunto le barriere coralline, derivato dai sistemi di smaltimento delle acque reflue in loco e dai campi da golf.
Per la maggior parte, le acque costiere della parte occidentale dell’isola di Hawaii sono organizzate in diversi tipi di aree marine protette (AMP), ognuna delle quali segue dei regolamenti normativi distinti. In alcune si vietano solo le reti da posta, cioè la posa di reti verticali che pendono attraverso la colonna d’acqua e catturano indiscriminatamente qualsiasi pesce vi nuoti attraverso. In altre si vietano sia le reti da posta che il prelievo di pesci vivi per il commercio di specie marine per gli acquari e in parecchie si vietano le reti da pesca, la raccolta di pesci per gli acquari e la pesca subacquea. Ci sono solo poche AMP che vietano in toto qualsiasi tipo di pesca. Analizzando i dati dell’indagine sulle specie ittiche attraverso questi diversi tipi di AMP, i ricercatori sono stati in grado di distinguere come le varie attività umane hanno influenzato la biomassa dei pesci nelle barriere coralline, ha affermato Asner.

Secondo lo studio, il maggiore impatto negativo sulla biomassa ittica deriva dall’inquinamento da azoto generato in loco dai sistemi di smaltimento delle acque reflue (OSDS) come pozzi neri, fosse biologiche e pozzi di iniezione sotterranei e, in misura minore, dalla fuoriuscita di fertilizzanti dai campi da golf. Tuttavia la pesca subacquea, la raccolta di pesci da acquario e l’uso di reti da posta si posizionano subito dopo come cause, ha affermato Asner. Le aree marine protette che vietavano tutte e tre le attività avevano la biomassa ittica complessiva più elevata.
Il team di ricerca è stato anche in grado di determinare in che modo determinati divieti sull’uso di specifiche attrezzature potrebbero aver influenzato le popolazioni ittiche. Ad esempio, nel 2013, il DAR ha vietato la pesca assistita da attrezzatura subacquea. Di conseguenza, le popolazioni delle specie di pesci “raschietto” che i pescatori prendono di mira tipicamente (pesci che mangiano alghe e frammenti di corallo), come i pesci pappagallo, sembravano riprendersi leggermente.
Il declino della biomassa ittica è preoccupante in quanto può portare a un declino nella salute della barriera corallina, secondo Asner.
“Bisogna chiudere gli occhi e immaginare questo: quando si ha una barriera corallina sana, si hanno un sacco di coralli … che costituiscono queste torri di tutte le forme e dimensioni”, ha detto Asner. “Se i pesci diminuiscono e il corallo muore, le onde e la natura lo eroderanno come se fossero rocce, lasciando una superficie più piatta. C’è poi un circolo vizioso di effetti negativi quando il pesce non può … usare il corallo come suo habitat.”

Brian Nielson, amministratore del DAR, ha rivelato a Mongabay che il nuovo studio rafforza le attuali preoccupazioni del dipartimento sulla salute delle barriere coralline delle Hawaii. “Immagino che non sia stata una grande sorpresa, ma è fantastico poter guardare una visione d’insieme delle barriere coralline”, ha detto.
I risultati, sostiene Nielson, potrebbero aiutare a fornire informazioni utili per lo sviluppo di nuove politiche, come un aumento nella protezione dei pesci erbivori della barriera corallina, un rafforzamento e un miglioramento nell’applicazione delle norme e dei regolamenti statali sulle segnalazioni della pesca a fini commerciali, con la collaborazione allo stesso tempo delle comunità locali per co-gestire la pesca. Nielson ha affermato che la gestione dei problemi di inquinamento va fatta oltre le capacità e la giurisdizione delle singole AMP, infatti attualmente ha collaborazioni con gruppi che si occupano dei problemi derivanti da acque reflue e che lavorano per ripristinare i bacini idrografici degradati.
Nielson ha dichiarato che un altro percorso verso la protezione degli ecosistemi corallini delle Hawaii è l’Oceans Target dello Stato “30 per il 30”, che mira a designare il 30% delle acque costiere delle Hawaii come aree marine protette entro il 2030.
“Al 6% delle nostre acque marine è assegnata una qualche forma di gestione particolare, quindi stiamo cercando di portare questa percentuale fino al 30%”, ha affermato Nielson. “Questo documento è davvero utile per convalidare scientificamente il successo delle aree marine protette esistenti, così da darci un qualche tipo di supporto scientifico quando ci rivolgiamo al pubblico per proporre di espandere queste aree e di mettere più protezione marina anche su altre isole e altre parti dello Stato.”
CITAZIONI:
Foo, S. A., Walsh, W. J., Lecky, J., Marcoux, S., & Asner, G. P. (2020). Impacts of pollution, fishing pressure, and reef rugosity on resource fish biomass in west Hawai‘i. Ecological Applications. doi:10.1002/eap.2213
Didascalia dell’immagine banner: Banchi di pesci nuotano tra le barriere coralline intatte a South Kona, Hawaii. Immagine di Greg Asner, Center for Global Discovery and Conservation Science dell’Arizona State University.
Articolo originale: https://news.mongabay.com/2020/09/hawaiian-reefs-lost-almost-half-their-fish-to-pollution-and-fishing/