- Un nuovo studio suggerisce che gli oceani inizieranno a rilasciare CFC-11 entro circa il 2075 e che tale sostanza sarà rilevabile nell'atmosfera nella prima parte del XXII secolo.
- I cambiamenti climatici aggraveranno probabilmente la situazione, trasformando prima del previsto gli oceani in fonti di CFC-11.
- Da quando è stato firmato il Protocollo di Montreal nel 1987, le emissioni di CFC-11 sono diminuite drasticamente ma, secondo alcuni studi, ogni anno viene ancora rilasciata nell'atmosfera una piccola quantità di tale sostanza.
- Sebbene lo strato di ozono non sia attualmente minacciato a livello globale, gli esperti ritengono necessarie maggiori ricerche per comprendere le minacce future.
Nel 1987, i leader mondiali firmarono il Protocollo di Montreal con l’intento di ridurre la quantità di clorofluorocarburi (CFC) e di altre sostanze chimiche pericolose rilasciate nell’atmosfera e associate alla riduzione dello strato di ozono della stratosfera che protegge la vita sulla Terra. Nel complesso, l’accordo sembra produrre gli effetti previsti. Le emissioni di CFC hanno registrato un picco alla fine degli anni ’80, i loro livelli sono in gran parte diminuiti e una ricerca ha dimostrato che il buco nell’ozono sull’Antartide si sta lentamente riducendo.
Tuttavia, un nuovo studio pubblicato dalla rivista Proceedings of the National Academy of Science suggerisce che gli oceani diventeranno presto una fonte di CFC-11, vale a dire una delle principali sostanze chimiche responsabili della riduzione dello strato di ozono.
Al momento, gli oceani fungono principalmente da deposito per i CFC, in quanto assorbono tali sostanze chimiche solubili in acqua (un tempo utilizzate nei refrigeranti, negli isolanti e nelle bombolette spray) che vengono sottratte all’atmosfera e depositate in fondo agli oceani. Secondo lo studio, tuttavia, ciò cambierà tra circa 50 anni. Intorno al 2075, si assisterà a un “flusso invertito” di CFC dall’oceano all’atmosfera, afferma l’autore principale Peidong Wang.

“L’atmosfera e gli oceani sono sempre stati in equilibrio tra loro”, ha dichiarato in un’intervista Wang, ricercatore presso il dipartimento di Scienze planetarie, atmosferiche e della Terra del Massachusetts Institute of Technology (MIT). “Quando le emissioni [di CFC] diminuiscono, cala anche la concentrazione nell’atmosfera e quando la concentrazione negli oceani è superiore alla concentrazione nell’atmosfera, [i CFC] vengono rilasciati [dagli oceani]”.
Wang ha affermato che la quantità di CFC-11 emessa in futuro dagli oceani sarà “piuttosto limitata” e non dovrebbe “avere effetti significativi sul recupero dello strato di ozono”. Tuttavia, ha affermato che sono necessarie ulteriori ricerche per capire se la ricostituzione dello strato di ozono sarà maggiormente ostacolata da altre sostanze che riducono l’ozono.
I ricercatori ritengono che le quantità di CFC-11 diventeranno “rilevabili” all’incirca a partire dal 2145.
“Durante la prima metà del XXII secolo, il flusso proveniente dagli oceani sarà tale che potrebbe far pensare che qualcuno stia violando il Protocollo di Montreal ma ciò potrebbe essere dovuto solo al gas rilasciato dagli oceani”, ha affermato la co-autrice Susan Solomon, professoressa della cattedra in Studi ambientali dedicata a Lee e Geraldine Martin presso il dipartimento di Scienze planetarie, atmosferiche e della Terra del MIT. “Si tratta di un’ipotesi interessante che speriamo aiuti i futuri ricercatori a interpretare correttamente ciò che accadrà”.
Alla fine degli anni ’80, è stato registrato un picco di emissioni di CFC-11 pari a circa 300 gigagrammi l’anno. Sebbene le emissioni di CFC-11 siano drasticamente diminuite con l’entrata in vigore del Protocollo di Montreal, uno studio del 2018 ha rilevato che tali emissioni sono aumentate di circa 13 gigagrammi all’anno dal 2012 e che potrebbero essere prodotte nell’Asia orientale. Un paio di mesi dopo, una relazione dell’ONG Environmental Investigation Agency (EIA) ha rilevato che 18 società in Cina stavano utilizzando schiume isolanti contenenti CFC-11. Anche altri studi hanno richiamato l’attenzione sulla Cina quale fonte di emissioni di CFC-11.

Secondo Wang, i dati attualmente disponibili potrebbero tuttavia essere stati sovrastimati poiché la quantità di CFC-11 assorbita dagli oceani ogni anno è sempre più limitata in quanto gli oceani diventano sempre più “saturi” di tale sostanza chimica.
Lo studio suggerisce inoltre che i cambiamenti climatici accentueranno il problema, trasformando gli oceani in una fonte di CFC-11 10 anni prima del previsto. Il motivo sta nel fatto che l’incremento della temperatura dell’acqua ridurrà la capacità degli oceani di conservare i CFC e favorirà il degassamento. Ciò però non dipende dai cambiamenti climatici, affermano i ricercatori.
“Prevediamo che l’oceano emetta CFC, anche in assenza di riscaldamento climatico”, ha affermato Wang.
La riduzione dell’ozono nella stratosfera è uno dei nove confini planetari identificati nel 2009 da un gruppo di scienziati internazionali, guidati da Johan Rockström del centro di ricerca Stockholm Resilience Centre e da Will Steffen dell’università Australian National University. Ogni “confine” fa riferimento a un processo del sistema terrestre che è essenziale per regolare la stabilità e la resilienza del pianeta, ma ha un limite di carattere ambientale entro cui possono essere tollerati i cambiamenti, per lo più derivanti dall’attività umana.
Owen Gaffney, analista della sostenibilità globale presso lo Stockholm Resilience Center, afferma che lo strato di ozono è ritenuto un confine planetario in quanto si tratta di una “parte fondamentale del sistema terrestre” che protegge il pianeta dalle pericolose radiazioni ultraviolette B (UV-B) provenienti dal sole e ha permesso l’evoluzione della vita sulla Terra.

“Il confine planetario relativo all’ozono è stato fissato a livello globale”, ha dichiarato Gaffney a Mongabay in un’e-mail. “Il team ha ritenuto che sarebbe imprudente ridurre di oltre il 5 % la quantità di ozono presente in una colonna di atmosfera”.
Il confine planetario fissato per lo strato di ozono è pari a uno spessore minimo di 275 unità Dobson (Dobson Unit, DU). Secondo una ricerca, nonostante la Terra sia al momento considerata nello spazio operativo sicuro per quanto riguarda il confine relativo all’ozono, tale confine viene superato a livello regionale in Antartide durante ogni primavera australe, periodo in cui scende a circa 200 DU.
Gaffney ritiene che lo strato di ozono possa ricostituirsi completamente grazie alle azioni previste dal Protocollo di Montreal ma che il “rischio di brutte sorprese” possa ancora mettere in pericolo tale strato.
“La riduzione dell’ozono è stata causata da una serie di sostanze chimiche dette CFC che contengono cloro e venivano utilizzate nei frigoriferi”, ha affermato Gaffney. “La cosa davvero curiosa è che, tali apparecchiature, avrebbero benissimo potuto contenere il bromo anziché il cloro: le due sostanze chimiche sono intercambiabili. Per quanto riguarda la distruzione dello strato di ozono, il bromo è 45 volte più aggressivo del cloro. La situazione avrebbe potuto essere molto più grave prima ancora che riuscissimo a capire cosa stesse succedendo. Si stima che nell’economia mondiale vengano utilizzate 100.000 sostanze chimiche. Non sappiamo veramente quante di esse interagiscano tra loro”.
La nuova ricerca mette in evidenza un altro rischio: gli autori affermano che “conosciamo in modo parziale i serbatoi di lungo termine per le sostanze che riducono l’ozono”.
Citazioni:
Montzka, S. A., Dutton, G. S., Yu, P., Ray, E., Portmann, R. W., Daniel, J. S., … Elkins, J. W. (2018). An unexpected and persistent increase in global emissions of ozone-depleting CFC-11. Nature, 557(7705), 413-417. doi:10.1038/s41586-018-0106-2
Rigby, M., Park, S., Saito, T., Western, L. M., Redington, A. L., Fang, X., … Young, D. (2019). Increase in CFC-11 emissions from eastern China based on atmospheric observations. Nature, 569, 546–550. doi:10.1038/s41586-019-1193-4
Rockström, J., Steffen, W., Noone, K., Persson, Å., Chapin III, F. S., Lambin, E., … & Foley, J. (2009). Planetary boundaries: exploring the safe operating space for humanity. Ecology and Society, 14(2).
Strahan, S. E., & Douglass, A. R. (2018). Decline in Antarctic ozone depletion and lower stratospheric chlorine determined from Aura microwave limb sounder observations. Geophysical Research Letters, 45(1), 382-390. doi:10.1002/2017gl074830
Wang, P., Scott, J. R., Solomon, S., Marshall, J., Babbin, A. R., Lickley, M., … Prinn, R. G. (2021). On the effects of the ocean on atmospheric CFC-11 lifetimes and emissions. Proceedings of the National Academy of Sciences, 118(12), e2021528118. doi:10.1073/pnas.2021528118
Immagine nel banner: pesce pipistrello orbicolare a Komodo. Immagine di Rhett A. Butler.
Elizabeth Claire Alberts è una scrittrice della redazione di Mongabay. Seguila su Twitter @ECAlberts.
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2021/03/oceans-helped-absorb-our-cfcs-theyre-now-going-to-emit-them-back-out/