- L’anno scorso, il progetto Half-Earth ha lanciato le “pagelle nazionali”, che mostrano, per ciascun paese, la quantità di terreno attualmente protetto, il numero di specie di vertebrati terrestri (comprese quelle endemiche) e quante e quali aree dovrebbero essere preservate per proteggere la biodiversità nel futuro.
- Ogni paese riceve anche un punteggio in base a diversi indicatori, come il National Species Protection Index (SPI), generato da Map of Life e approvato dalla Convenzione sulla biodiversità biologica.
- Secondo il team del progetto Half-Earth, la mappa e gli strumenti di accompagnamento possono essere risorse preziose per i decision-maker che vogliono raggiungere l’obiettivo di proteggere il 30% della Terra entro il 2030, anche se sostengono che l’obiettivo principale dovrebbe essere quello di proteggerne il 50%.
- Mentre i sostenitori del progetto Half-Earth affermano che il raggiungimento del loro obiettivo rappresenterebbe un vantaggio per tutti, secondo i critici, un gran numero di persone, in particolare quelle che vivono nei paesi più poveri, potrebbe essere influenzato negativamente da questo tipo di protezione che si basa principalmente su aree specifiche.
Mentre il mondo è alle prese con tassi di deforestazione ed estinzione che non hanno precedenti, un numero crescente di governi e altre entità sta riconoscendo l’importanza di proteggere il 30% della terra e degli oceani entro il 2030. Questo obiettivo è elencato come target nella prima stesura del quadro globale sulla biodiversità post 2020 pubblicata a luglio.
Ma è sufficiente proteggere il 30% della Terra?
Secondo l’ecologo quantitativo Scott Rinnan, del progetto Half-Earth della E.O. Wilson Biodiversity Foundation, la risposta è negativa. Secondo lui, l’obiettivo finale è quello di preservare metà della Terra, un’area sufficiente per la protezione della biodiversità globale. Ha tuttavia aggiunto che la protezione del 30% è un obiettivo “intermedio” che viene sostenuto sulla strada per raggiungere il 50%, e che il progetto può aiutare le nazioni ad adottare un approccio coordinato per individuare i target che portano a risultati positivi per la biodiversità globale.
Il concetto di proteggere metà della Terra è stato formulato per la prima volta nel libro del 2016 Half-Earth: Our Planet’s Fight For Life (Metà della Terra: la lotta per la vita del nostro pianeta) di E.O. Wilson, secondo cui la protezione di almeno metà del pianeta aiuterebbe a preservare l’80% delle specie e metterebbe la Terra “al sicuro”. Il progetto Half-Earth fornisce una serie di risorse per contribuire a realizzare questo ambizioso obiettivo, la cui spina dorsale è la Half-Earth Project Map, sviluppata dal progetto Map of Life presso il Center for Biodiversity and Global Change dell’Università di Yale, dalla E.O. Wilson Biodiversity Foundation; dall’azienda scientifica e tecnologica Vizzuality e dall’azienda produttrice di sistemi di informazione geografica Esri.
Uno degli sviluppi più recenti del progetto Half-Earth, lanciato lo scorso anno, è l’utilizzo di “pagelle nazionali” nel suo sistema di mappatura, che, secondo Rinnan, possono aiutare a rispondere alla complessa domanda relativa a quale metà della Terra dovrebbe essere protetta. Le pagelle forniscono un’istantanea della quantità di terra attualmente protetta in ciascun paese, di quante specie di vertebrati terrestri (comprese le specie endemiche) ogni paese ospita e quante e quali aree di terreno dovrebbero essere preservate per proteggere la sua biodiversità in futuro. Proprio come in una pagella scolastica, a ciascun paese viene assegnato un punteggio che ne riflette la performance, con diversi indicatori, tra cui l’indice nazionale di protezione delle specie (SPI), che è stato generato da Map of Life e approvato dalla Convenzione sulla diversità biologica.
C’è anche una mappa di ogni paese con una scala di colori progressiva: le aree gialle indicano i luoghi che hanno più bisogno di protezione, mentre le aree viola rappresentano luoghi con minore priorità. Le aree verdi sono quelle già protette.
Rinnan afferma che le mappe tendono a dare la priorità ai “paesaggi incontaminati” piuttosto che alle aree che sono state pesantemente modificate dall’uomo. Quest’ultime richiederebbero un lavoro di ripristino maggiore, mentre le zone più incontaminate possono contribuire maggiormente alla protezione delle specie. Tuttavia, secondo Rinnan, affinché si possa proteggere il maggior numero di specie possibile, anche molte aree antropizzate dovranno essere ripristinate.
Come ci spiega Walter Jetz, presidente scientifico della E.O. Wilson Biodiversity Foundation, la mappa del progetto Half-Earth Project si concentra sulla protezione della biodiversità, poiché il suo deterioramento ha un impatto diretto sulla salute e sul benessere degli esseri umani.
“La perdita di specie ha un impatto negativo a breve termine e può essere incredibilmente problematica a lungo termine”, ha riferito Jetz a Mongabay in un’intervista. “Con il deterioramento della biodiversità, perdiamo importanti funzioni: controllo dei parassiti e dell’agricoltura, controllo delle malattie e composti che possono essere vitali per sviluppare cure contro le malattie negli esseri umani”.
I paesi con alcuni dei più alti livelli di biodiversità sono anche i più bisognosi di ulteriore protezione. Prendiamo il Madagascar, ad esempio. Secondo le informazioni sulla pagella nazionale, la nazione insulare ospita 1069 vertebrati terrestri conosciuti, 900 dei quali non si trovano in nessun’altra parte della Terra. Questi includono la rana cornuta del Madagascar (Gephyromantis cornutus), il cua gigante (Coua Gigas), e la lucertola verde del Madagascar (Zonosaurus haraldmeieri). Tuttavia, solo il 5% della terra del Madagascar risulta attualmente protetto. Il valore SPI della nazione è 20,54, che è inferiore alla media nazionale di circa 40.
Il Belgio, d’altra parte, ha un SPI nazionale di 99,95, che gli permette di ottenere un punteggio alto nel complesso, nonostante abbia solo 323 vertebrati terrestri noti e zero specie endemiche e più della metà della sua terra sia pesantemente modificata dall’attività umana.
“Tutte queste metriche sono relative alle tendenze attuali del paese”, ha affermato Rinnan. “Dunque sì, certo, il Belgio sta facendo un ottimo lavoro nel proteggere i pochi brandelli di habitat che gli sono rimasti. Per quantificare la disparità, abbiamo però bisogno di altre metriche… e in futuro stiamo pianificando di aggiungere alcuni indicatori che aiuteranno a comprendere ulteriormente queste tendenze”.
L’onere sproporzionato sui paesi più poveri ha posto il progetto Half-Earth in una posizione controversa. In un articolo del 2019 pubblicato su Nature Sustainability, alcuni esperti suggeriscono che il quadro di Half-Earth potrebbe influire negativamente su più di un miliardo di persone se le terre in cui vivono sono vincolate da attività di protezione.
“Abbiamo sicuramente notato in passato che il solo aumento di attività di conservazione in base all’area non ci permette di raggiungere gli obiettivi necessari e può alienare le persone”, ha dichiarato Judith Schleicher, ricercatrice post-doc sui servizi ecosistemici e sulla povertà presso l’Università di Cambridge e autrice principale dell’articolo su Nature Sustainability. “Quindi, se vogliamo raggiungere gli obiettivi di conservazione… penso che sia davvero importante prendere sul serio la dimensione umana”.
Rinnan afferma che l’approccio di Half-Earth avrebbe “indubbiamente un impatto sui mezzi di sussistenza di alcune persone”, ma che fornirebbe anche un’opportunità di “adattabilità e flessibilità per affrontare il mondo che cambia, opportunità che idealmente dovrebbe essere supportata da infrastrutture volte ad aiutare le persone in questo percorso di transizione”.
“Tutti traggono benefici dalla conservazione della biodiversità”, ha affermato.
Jetz afferma che la mappa del progetto Half-Earth e i suoi strumenti, come il valore SPI e le pagelle nazionali, stanno già influenzando positivamente le decisioni relative alla conservazione del territorio.
“Sappiamo che in Perù e in Ecuador i ministeri stanno lavorando con le nostre mappe e i nostri particolari pannelli di controllo… per comprendere i risultati ottenuti dalle loro riserve nella conservazione delle specie e per individuare eventuali lacune”, ha detto Jetz. “Ma ovviamente siamo solo al punto di partenza per alcuni dei prodotti più globali e specifici, e attendiamo con impazienza il coinvolgimento più ampio che ci aspettiamo negli anni a venire”.
Oltre ad aiutare i decision-maker, Rinnan ha concluso affermando che la mappa del progetto Half-Earth può essere una preziosa fonte di informazioni per il grande pubblico: “Penso che questo tipo di lavoro rischi spesso di rimanere nascosto nella torre d’avorio del mondo accademico […] e questo strumento è un primo passo importante per rendere queste informazioni più disponibili a chiunque le voglia consultare. Spero che questo faccia la differenze e aiuti le persone a rispondere alle domande che hanno”.
Fonte:
Schleicher, J., Zaehringer, J. G., Fastré, C., Vira, B., Visconti, P., & Sandbrook, C. (2019). Protecting half of the planet could directly affect over one billion people. Nature Sustainability, 2(12), 1094-1096. doi:10.1038/s41893-019-0423-y
Wilson, E. O. (2017). Half-earth: Our planet’s fight for life.
Didascalia immagine: Un fossa del Madagascar in via di estinzione (Cryptoprocta ferox). Immagine di Mikhail Dudarev.
Elizabeth Claire Alberts fa parte dello staff di Mongabay. Seguila su Twitter @ECAlberts.
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2021/10/in-half-earth-project-a-full-on-bid-to-get-countries-to-protect-biodiversity/