- Secondo un nuovo studio, la Ritina di Steller [o vacca di mare], ormai estinta, ha avuto un impatto sulle foreste di kelp del Pacifico settentrionale, brucando la superficie e favorendo così la crescita e il rafforzamento del sottobosco algale.
- I ricercatori dello studio affermano che non solo questi sirenidi avrebbero avuto un impatto positivo sulle foreste di kelp nel passato, ma potrebbero anche averne aumentato la resilienza in tempi moderni.
- A livello globale, le foreste di kelp devono affrontare molte minacce, tra cui il riscaldamento degli oceani che può portare a una sovrabbondanza di ricci, noti predatori.
- Gli autori suggeriscono che potrebbe essere possibile per l'uomo riprodurre l'impatto della Ritina di Steller sulla chioma delle foreste di kelp in modo da aumentarne la resilienza.
Durante una spedizione guidata dai russi nel nord dell’Oceano Pacifico nell’anno 1740, il botanico tedesco Georg Wilhelm Steller posò gli occhi su una specie che catturò la sua immaginazione. Assomigliava a un lamantino ed era più grande di un’orca, inoltre pascolava in modo analogo a una mucca o a un cavallo. Dopo che Steller descrisse l’animale, questo divenne noto come Ritina di Steller [o vacca di mare](Hydrodamalis gigas).
Nonostante la Ritina di Steller potesse raggiungere i 9 metri di lunghezza e le 10 tonnellate di peso, questa creatura colossale disponeva di poche difese. Ricoperta da uno spesso blubber, la Ritina di Steller non poteva completamente immergersi in acqua, ma galleggiare in superficie cibandosi di kelp. Ciò la rendeva particolarmente vulnerabile alla caccia..
«Questi animali sono molto voraci e mangiano incessantemente, e poiché sono così avidi tengono la testa sempre sott’acqua, senza alcun riguardo per la loro vita e la loro sicurezza», scrive Steller in un suo resoconto. «Un uomo in barca, o a nuoto, può perciò muoversi tra loro senza correre alcun pericolo e scegliere liberamente il membro del branco che desidera colpire – e tutto questo mentre loro si nutrono».
Nel 1768, meno di tre decenni dopo la descrizione formale della specie da parte di Steller, la Ritina si era estinta. Ma in una nuova pubblicazione, alcuni scienziati suggeriscono che la specie abbia lasciato un’eredità considerevole nelle acque costiere del Pacifico settentrionale, ovvero un rafforzamento delle foreste di kelp grazie alle sue abitudini alimentari.
“L’effetto Ritina”
Dalla Baja California al sud-est dell’Alaska, le foreste di Kelp Gigante spuntano dai fondali marini lungo la costa. In condizioni ideali, il Kelp Gigante (Macrocystis pyrifera) può crescere fino a 60 centimetri al giorno, il che lo rende una delle specie a crescita più rapida al mondo. Nonostante la lunghezza media del Kelp Gigante sia di 30 metri, questa specie può crescere fino a 53 metri, circa la metà della lunghezza di un campo da calcio
Queste vaste foreste sottomarine forniscono molteplici benefici: cibo e habitat per migliaia di specie, ossigenazione dell’acqua che contribuisce a ridurre l’acidificazione degli oceani e protezione delle coste da onde e mareggiate che, a causa dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo, stanno diventano sempre più intense e frequenti.
A livello globale, le foreste di kelp sono però minacciate dall’aumento delle temperature, dalla pesca eccessiva, dall’inquinamento e da altre attività di origine antropica.
Nel loro articolo, gli scienziati sostengono che la Ritina di Steller ha avuto un impatto sulle foreste di kelp nel Pacifico settentrionale, brucandone la superficie, il che avrebbe promosso la crescita e il rafforzamento di diverse specie appartenenti al sottobosco algale. Queste alghe ricche e fitte fornirebbero una fonte di cibo per i ricci predatori in grado di divorare il kelp, trasformando l’ecosistema in quello che viene definito “urchin barren”, ovvero aree brulle. In California, per esempio, si stima che il 95% del kelp sia recentemente scomparso, principalmente a causa della predazione da parte dei ricci.
«Gli elefanti hanno un effetto enorme sulle foreste in quanto possono liberare moltissimo spazio e vegetazione in un periodo di tempo estremamente breve», ha dichiarato a Mongabay l’autore principale dello studio Peter Roopnarine, paleontologo e studioso del cambiamento globale presso la California Academy of Sciences, paragonandoli alle Ritine di Steller. «Aprono le chiome delle foreste e si formano queste grandi chiazze, e a quel punto la comunità cambia completamente fino alla ricrescita di grandi alberi. La domanda era quindi molto semplice: le Ritine avevano un effetto simile all’interno delle foreste di kelp?».
Secondo Roopnarine e i due coautori dello studio, la risposta è sì.
Utilizzando modelli matematici, i ricercatori hanno ipotizzato che le foreste di kelp brucate dalle Ritine hanno probabilmente acquisito difese più robuste contro i fattori di stress – non solo nel passato ma anche nel presente. Gli autori hanno soprannominato questo impatto “effetto Ritina”.
Una delle maggiori minacce che oggi colpisce le foreste di kelp è rappresentata dalle ondate di caldo marine, come quella che ha colpito il Pacifico settentrionale nel 2013, nota come “Blob”, e che può portare a un afflusso di ricci di mare. Specie in pericolo di estinzione come la Stella Marina Girasole (Pycnopodia helianthoides) e minacciate come la Lontra Marina (Enhydra lutris) possono contribuire a ridurre il numero di ricci all’interno di una comunità di foresta di kelp. Tuttavia, queste specie non sono sempre presenti nelle foreste di kelp a causa di fattori di stress come l’inquinamento, la caccia e le malattie. Per le stelle di mare, una delle maggiori minacce alla loro sopravvivenza è la sea star wasting disease, ovvero una malattia infettiva che uccide rapidamente le stelle marine e che gli scienziati ritengono sia esacerbata dal cambiamento climatico.
Secondo gli autori, quando le foreste di kelp andavano incontro a condizioni avverse, le Ritine di Steller erano in grado di aiutare il kelp a riprendersi rapidamente. Ma, affermano i ricercatori, l’effetto sarebbe stato ancora più sostanziale quando le foreste di kelp ospitavano sia le Ritine che le lontre.
«Ci sono molti esempi di specie che gli ecologi hanno compreso avere un ruolo davvero smisurato nel mantenimento… di un ecosistema», ha dichiarato a Mongabay la coautrice Roxanne Banker, ricercatrice associata presso la California Academy of Sciences. «Un classico esempio è quello dei lupi di Yellowstone in quanto tengono sotto controllo le popolazioni di cervi, modificando [l’ecosistema] del bacino idrografico. Penso che questo si verifichi spesso tra i grandi vertebrati, poiché sono in grado di mangiare un sacco di cose».
Non esistono più ecosistemi intatti
Secondo Max Castorani, ecologo marino dell’Università della Virginia – non parte di questo studio – questa nuova ricerca fornisce una prospettiva interessante su come funzionavano gli ecosistemi delle foreste di kelp in passato quando c’erano le Ritine di Steller, ma ha anche aggiunto come questo abbia implicato molte ipotesi.
«All’interno della variegata comunità di ecologi delle foreste di kelp, probabilmente troverete persone che metteranno in discussione alcune delle ipotesi fatte nello studio», ha detto Castorani a Mongabay. «Ma… non è semplice creare questo tipo di modelli e non essere criticati per le ipotesi che si fanno».
Castorani ha aggiunto: «Ho pensato che fosse uno studio interessante. In generale, in ecologia non viene posta molta enfasi sulla prospettiva paleo, la prospettiva storica approfondita su come gli ecosistemi possono aver funzionato in passato, e si tratta [in questo caso] di un modo interessante per pensare a come… le foreste di kelp possono aver funzionato con queste Ritine di Steller che sono ora estinte».
Mark Carr, professore di ecologia marina presso l’Università della California a Santa Cruz, anch’egli non coinvolto nello studio, ha osservato che la ricerca in questione ha avanzato diverse ipotesi che non possono essere testate empiricamente, ma ha sottolineato che l’ampia modellistica impiegata dagli autori è stata la «vera forza dello studio». Inoltre, ha aggiunto, la ricerca contiene «diverse implicazioni molto interessanti per la nostra comprensione delle interazioni tra le specie e delle dinamiche della foresta di kelp, nonché considerazioni per potenziali interventi di gestione».
«Ritengo che questi studi che conducono analisi retrospettive di ecosistemi naturali storici (prima dell’alterazione da parte dell’uomo) siano molto interessanti e utili perché ci fanno comprendere la lunga storia durante la quale l’uomo ha alterato tali sistemi, e riflettono sulle ripercussioni legate al modo con cui gestiamo gli ecosistemi oggi», ha scritto Carr a Mongabay in una e-mail. «Come hanno detto gli autori, siamo sempre soggetti a “sliding baselines” che limitano la nostra comprensione dei sistemi e la portata delle nostre azioni di gestione nei confronti di osservazioni più recenti di sistemi alterati».
Gli autori del nuovo studio propongono di valutare un ecosistema attraverso un approccio passato-presente-futuro per evitare la sindrome dello sliding baseline, ovvero l’idea che i cambiamenti ambientali siano misurati rispetto a punti di riferimento di un passato recente, indebolendo l’interpretazione che ciascuno ha rispetto a come un ecosistema doveva apparire nel passato.
«Non esistono più ecosistemi intatti… sulla Terra», ha detto Banker. «È quindi davvero importante capire le basi storiche di come funzionavano questi sistemi e capire come sono giunti qui oggi per migliorare il nostro potere predittivo su come li stiamo influenzando e su come continueranno a essere influenzati dai cambiamenti climatici».
Siamo in grado di ricreare l’impatto che la Ritina di Steller aveva sulle foreste di kelp?
Roopnarine ha affermato che, sebbene nessun animale interagisca con le foreste di kelp nello stesso modo in cui un tempo faceva la Ritina di Steller, potrebbe essere possibile per l’uomo riprodurre l’impatto di questa specie sulla chioma di queste e utilizzare tali interventi per migliorarne la resilienza.
«Se la nostra ipotesi è corretta, se i nostri modelli sono corretti, allora si potrebbe ricreare artificialmente una parte dell’operatività della Ritina di Steller tagliando il kelp o sfogliandolo artificialmente nello stesso modo in cui lo avrebbe fatto la Ritina e aprendo… più spazio nel sottobosco [algale]», ha detto Roopnarine. Tuttavia, ha aggiunto che un approccio di questo tipo richiederebbe molto lavoro sperimentale per poter essere realizzato correttamente.
Carr ha aggiunto che la produzione commerciale di kelp e la raccolta di kelp per l’acquacoltura dell’Abalone potrebbe essere un mezzo per conseguire il «ruolo passato delle Ritine di Steller». Tuttavia, ha affermato che «il diavolo sta nei dettagli», poiché i ricercatori e i gestori dovrebbero considerare una serie di fattori, tra cui il modo in cui il diradamento delle chiome per favorire la crescita del sottobosco [algale] potrebbe influenzare altre specie, come i pesci, che utilizzano le chiome delle foreste di kelp come habitat.
«Nel complesso, si tratta di uno studio davvero notevole», ha detto Carr, «e possiede diverse implicazioni molto interessanti per la nostra comprensione delle interazioni tra le specie e delle dinamiche all’interno delle foreste di kelp, nonché per considerazioni su potenziali interventi di gestione».
Elizabeth Claire Alberts è senior staff writer per Mongabay. Puoi trovarla su Twitter @ECAlberts.
Immagine di apertura: Illustrazione di una Ritina di Steller da Extinct monsters London: Chapman & Hall, 1896 – Biodiversity Heritage Library via Wikimedia Commons (CC BY 2.0).
Citazione:
McPherson, M. L., Finger, D. J. I., Houskeeper, H. F., Bell, T. W., Carr, M. H., Rogers-Bennett, L., & Kudela, R. M. (2021). Large-scale shift in the structure of a kelp forest ecosystem co-occurs with an epizootic and marine heatwave. Communications Biology, 4(1). doi:10.1038/s42003-021-01827-6
Roopnarine, P. D., Banker, R. M. W., & Sampson, S. D. (2022). Impact of the extinct megaherbivore Steller’s sea cow (Hydrodamalis gigas) on kelp forest resilience. Frontiers in Ecology and Evolution, 10. doi:10.3389/fevo.2022.983558
Steller, G. W. (1751). De bestiis marinis, or, the beasts of the sea. Retrieved from: https://digitalcommons.unl.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1019&context=libraryscience
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2022/12/extinct-sea-cows-underwater-engineering-legacy-lives-on-today-study-finds/