- Secondo un recente studio basato sulle immagini satellitari, il pianeta ha perso 1.453 chilometri quadrati di paludi salmastre tra il 2000 e il 2019, vale a dire un'estensione pari al doppio della superficie di Singapore.
- Oltre a fornire alla fauna e alla flora selvatiche un habitat e molti servizi ecosistemici, le paludi salmastre costituiscono depositi di carbonio significativi.
- Secondo lo studio, la perdita di paludi salmastre ha portato all'emissione di 16,3 teragrammi pari a 16,3 milioni di tonnellate metriche di carbonio all'anno, il che corrisponde alle emissioni di circa 3,5 milioni di automobili.
- I cambiamenti climatici costituiscono una delle maggiori minacce per le paludi. Tra gli altri fattori che contribuiscono alla riduzione della loro estensione nel mondo si contano la conversione all'acquacoltura, l'erosione costiera, l'eutrofizzazione, le opere di bonifica, l'occupazione delle foreste di mangrovie e le specie invasive.
Analizzando le immagini satellitari di tutto il pianeta, gli scienziati della NASA hanno stabilito che tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI la superficie delle paludi salmastre andata persa è stata pari al doppio della superficie di Singapore. Secondo un recente studio basato sulle mappe, le violenti tempeste hanno contribuito a tale perdita, che ha portato a emissioni “significative” di carbonio.
Pubblicato sulla rivista Nature alla fine di novembre, lo studio ha dimostrato che nel mondo sono andati persi 2.733 chilometri quadrati di paludi nell’arco di 19 anni, tra il 2000 e il 2019, come pure che ne sono stati recuperati 1.278 km2, a seguito delle opere di ripristino svolte dagli esseri umani. Ne risulta una perdita netta di 1.453 km2. Secondo lo studio, a livello globale, la perdita di paludi salmastre è stata pari allo 0,28% all’anno.
In passato, la disponibilità di informazioni aggiornate sulla rapidità della perdita di paludi salmastre e sui luoghi in cui sono maggiormente minacciate a livello globale era limitata, così come lo erano i dati sulle conseguenti emissioni di carbonio, ha dichiarato in un’intervista a Mongabay Anthony Campbell, principale autore dello studio. Le valutazioni svolte in passato suggerivano che le paludi salmastre stessero riducendosi molto più rapidamente a una velocità compresa tra l’1% e il 2% all’anno.
“Abbiamo utilizzato i dati Landsat per giungere a tali risultati e, successivamente, calcolare un bilancio aggiornato del carbonio per le paludi salmastre, che fa notare una minore perdita ma emissioni ancora rilevanti nelle aree delle paludi salmastre”, ha dichiarato Campbell, assegnista di ricerca post-dottorato presso il Biospheric Sciences Laboratory della NASA nel Maryland.
Secondo lo studio, la perdita di paludi salmastre ha portato a emissioni di carbonio annue pari a 16,3 teragrammi equivalenti a 16,3 milioni di tonnellate metriche. Ciò corrisponde a quanto emettono annualmente circa 3,5 milioni di automobili. La perdita di paludi salmastre ha inoltre ridotto la loro stessa capacità di stoccare il carbonio.
I risultati sono “motivo di riflessione”, osserva Peter Macreadie, in un’e-mail rivolta a Mongabay, che non ha partecipato allo studio e dirige il Blue Carbon Lab presso la Deakin University di Burwood (Australia). Chiariscono il quadro sulla distribuzione e sull’estensione delle paludi salmastre, aggiunge. “Stanno purtroppo perdendo terreno e i cambiamenti climatici futuri renderanno tali ecosistemi ancora più vulnerabili”.
Paludi salmastre: “protagoniste nascoste”
Le paludi salmastre sono zone umide costiere e dipendono dai flussi delle maree per il mantenimento del delicato equilibrio dell’acqua marina. Presenti principalmente nelle aree temperate del pianeta, le paludi sono “protagoniste nascoste” che offrono diversi servizi ecosistemici, fa notare Macreadie.
“Questo modesto [ecosistema] costiero ricco di vegetazione favorisce in modo decisivo le specie ittiche e le attività di pesca, costituisce l’habitat di alcune delle specie più rare del pianeta, contribuisce a stabilizzare le fasce costiere, previene l’erosione e rappresenta uno dei pozzi di assorbimento del carbonio più efficienti e di lungo periodo del pianeta”, scrive.
Insieme ad altri ecosistemi costieri, tuttavia, le paludi salmastre sono poste sotto pressione dalle attività umane. Secondo uno studio pubblicato all’inizio di quest’anno, solo il 15,5% delle fasce costiere di tutto il mondo non è influenzato dalle attività umane mentre uno studio precedente aveva evidenziato che le paludi salmastre hanno perso tra il 25% e il 50% della superficie da esse occupata in passato a livello globale.
I cambiamenti climatici costituiscono una delle maggiori minacce cui fanno fronte. L’incremento del livello dei mari può superare la capacità di adattamento delle paludi salmastre o spingerle ulteriormente verso l’entroterra, dove le barriere artificiali possono bloccarne l’espansione e in ultima analisi ridurne l’estensione in un processo noto come “compressione costiera”. Tra gli altri fattori che minacciano le paludi nel mondo si contano la conversione all’acquacoltura, l’erosione costiera, l’eutrofizzazione, le opere di bonifica, l’occupazione delle foreste di mangrovie e le specie invasive.
Con l’analisi delle immagini satellitari riprese in passato e il loro confronto nel corso del tempo, Campbell e il suo team hanno rilevato che la maggior parte (64%) delle perdite di paludi salmastre è avvenuta negli Stati Uniti e in Russia, spesso a causa di uragani e dell’erosione costiera. La maggiore perdita di paludi documentata della storia e a livello mondiale si è verificata tra il 2005 e il 2009 nel Nord America, dove sono stati persi circa 283 km2, molti dei quali in aree colpite dagli uragani.
Permangono incertezze riguardanti ad esempio l’estensione totale degli ecosistemi delle paludi salmastre nel mondo, la possibile presenza di altri fattori, oltre all’erosione costiera, che favoriscono la perdita di paludi nell’Artico e la portata dell’occupazione delle foreste di mangrovie in aree quali l’Oceania. Sono necessarie ulteriori analisi delle immagini satellitari per colmare tali lacune nelle nostre conoscenze, osserva Campbell.
Protezione delle paludi salmastre
Le paludi salmastre sono note per il fatto che costituiscono potenzialmente una soluzione naturale ai cambiamenti climatici nonché un modo per mitigarne alcuni effetti. Sono in corso attività per il ripristino e la conservazione di tali paludi come pure di altri ambienti costieri, al fine di sfruttarne i servizi ecosistemici. Il ripristino dei flussi delle maree, la reintroduzione della vegetazione e la riduzione dell’erosione costiera sono alcuni degli obiettivi prefissati.
Campbell osserva che, al momento, è difficile sapere se complessivamente le paludi fungano ancora da pozzi di assorbimento del carbonio o se stiano subendo una perdita tale da divenire una fonte netta di emissioni di carbonio. Non è chiaro se l’umanità sarà in grado di invertirne la perdita a livello globale per far sì che tornino inequivocabilmente a rappresentare pozzi di assorbimento del carbonio. Un motivo è costituito dal fatto che non si sa esattamente quanto carbonio possano stoccare le paludi, afferma Campbell.
William Austin, esperto sul carbonio “blu” presso la University of St Andrews, considera “azzardato” ritenere che il miglioramento della condizione delle paludi attraverso gli “interventi di gestione” possa ridurre le emissioni e incrementarne la capacità di stoccaggio del carbonio. Se anche così fosse, però, fa notare che lo studio esorta chiaramente a proteggere le paludi salmastre. “Anche se probabilmente non disponiamo ancora di dati di monitoraggio sufficienti per sostenere un cambiamento di così ampia portata delle politiche, sembrano costituire una soluzione molto significativa basata sulla natura per quanto riguarda SIA il carbonio CHE la natura”, ha dichiarato in un’e-mail.
Tenere traccia delle paludi salmastre e di altri ambienti costieri, quali le praterie oceaniche, con la tecnologia satellitare è fondamentale per “monitorare in modo coerente e sicuro tali importanti sistemi di carbonio blu”, afferma Campbell.
“Con una maggiore conoscenza spaziale relativa a dove si trovano e come stanno cambiando, disponiamo di una migliore capacità di proteggerle e di gestire le aree maggiormente minacciate dai cambiamenti”, ha aggiunto.
Immagine del banner: imbarcazione nella palude salmastra di Blakeney (Inghilterra). Immagine di Hugh Venables ottenuta tramite Wikimedia Commons Wikimedia Commons (CC BY-SA 2.0).
Citazioni:
Campbell, A. D., Fatoyinbo, L., Goldberg, L., & Lagomasino, D. (2022). Global hotspots of salt marsh change and carbon emissions. Nature. doi:10.1038/s41586-022-05355-z
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Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2022/12/global-study-reveals-widespread-salt-marsh-decline/