- Il più grande primate, il gorilla di Grauer (Gorilla beringei graueri) è quasi scomparso negli ultimi due decenni. I numeri sono precipitati del 77%: forse ne rimangono solo 3.800. Questo animale, soprannominato “il gorilla dimenticato” perché è stato studiato molto poco e non era presente nella maggior parte degli zoo, è in grave pericolo di estinzione.
- Il massacro è stato accelerato dalla sanguinosa guerra civile della Repubblica Democratica del Congo e dall'estrazione di coltan e stagno grezzi, “minerali da conflitto” usati nei cellulari, nei computer portatili e in altri prodotti elettronici di consumo. I gorilla sono braccati pesantemente dalle milizie armate, dai minatori e meno spesso, dai rifugiati: questi animali vengono consumati come alimento fino alla loro quasi-estinzione.
- I gorilla potrebbero ricevere un danno ancor maggiore dai capi militari e dai minatori se il presidente Trump firmerà una proposta presidenziale della quale è giunta voce a Reuters, che consentirebbe alle aziende statunitensi di comprare liberamente minerali da conflitto senza doverlo dichiarare pubblicamente. Ciò probabilmente aumenterà l'estrazione nel bacino del Congo – e il bracconaggio.
- Il piano di Trump vanificherebbe l'attuale Conflict Minerals Rule statunitense, passata con l'appoggio di entrambe le camere nel 2010 e messa in atto come parte del Securities and Exchange Commission’s Dodd Frank Act. Nel frattempo, gli ambientalisti nutrono ancora speranze che il gorilla di Grauer si possa salvare, ma solo a seguito di un riscontro a livello mondiale e da parte della Repubblica Democratica del Congo.
Per settimane, i primatologi hanno seguito un branco di gorilla di Grauer su terreno accidentato, facendosi strada a fatica nella densa foresta pluviale, proseguendo all’interno di gole dai bordi taglienti e attraversando un paesaggio montagnoso quasi impenetrabile nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC).
Stuart Nixon, Chryso Kaghoma e la loro squadra sul campo congolese hanno rintracciato dei Gorilla beringei graueri con il GPS. Hanno raccolto dei dati su dove gli animali si rifugiavano ogni notte, su cosa mangiavano e su altre loro abitudini. Ma i ricercatori hanno mantenuto le distanze, stando a una giornata di cammino dietro la famiglia di primati, in modo da non influenzare il comportamento del gruppo o abituarli alla presenza umana.
O così pensavano gli scienziati. Un giorno, mentre se ne stava tranquillamente seduto nella foresta, Nixon udì del movimento tra i cespugli a circa 3 metri di distanza. Alzando gli occhi incontrò con lo sguardo il muso nero-bluastro di un grosso maschio silverback. Si guardarono negli occhi per qualche interminabile secondo prima che il gorilla si voltasse e cominciasse a correre con la sua famiglia per scappare nel denso sottobosco.
È stato uno dei rari avvistamenti del grosso primate che un tempo era soprannominato “il gorilla dimenticato” perché era stato molto poco studiato e perché era assente dalla maggior parte degli zoo del mondo.
In due decenni (appena una generazione) i numeri di gorilla di Grauer sono precipitati del 77%. Ne rimangono solo circa 3.800 esemplari allo stato selvatico, secondo uno studio importante pubblicato nel 2016.
I motivi: la guerra civile e l’estrazione di “minerali da conflitto” inclusi lo stagno grezzo e il coltan, entrambi utilizzati nei cellulari, nei computer portatili e in altri prodotti elettronici di consumo. I gorilla sono braccati pesantemente dalle milizie armate, dai minatori e meno spesso, dai rifugiati: questi animali vengono consumati come alimento fino alla loro quasi-estinzione.
“La minaccia più grave viene dalla caccia illegale di bushmeat”, afferma Liz Williamson, una ricercatrice all’Università Scozzese di Stirling e membro del Primate Specialist Group all’interno dell’IUCN.
La linea politica proposta da Trump minaccia questo grande primate
Sia i gorilla di Grauer che le comunità locali potrebbero essere poste in un pericolo persino più grande dai capi militari, dalla milizia e dai minatori, se il presidente Donald Trump firmerà la bozza della proposta presidenziale trapelata a Reuters ai primi di febbraio.
La nuova linea politica permetterebbe alle aziende statunitensi di comprare liberamente i minerali da conflitto – compresi l’oro, lo stagno, il tantalio, il coltan e il tungsteno – senza doverlo dichiarare pubblicamente. Questo probabilmente aumenterà le attività di estrazione nel bacino del Congo, portando più lavoratori, che cacceranno bushmeat per sopravvivere.
La proposta politica di Trump annullerebbe la Conflict Minerals Rule per due anni. Questa norma passò con il supporto di entrambe le camere del Congresso nel 2010 come parte del Securities and Exchange Commission’s Dodd Frank Act. A quel tempo, chi si opponeva erano i fautori degli interessi economici del Paese, mentre i gruppi per i diritti umani e gli ambientalisti lo supportavano.
La norma così com’è adesso pretende dalle aziende che queste dichiarino l’utilizzo di minerali da conflitto provenienti dalla RDC o da paesi limitrofi. Quando passò, l’allora presidente del US Securities Exchange Commission (SEC) Mary L. Schapiro disse: “Adottando questo statuto, il Congresso ha espresso la sua speranza che con l’obbligo di fare rapporto, proveniente dalle norme per la sicurezza, si aiuti a mettere un freno alla violenza nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo”.
La motivazione contenuta nella bozza di Trump proposta per sospendere questa norma è che quest’ultima in passato ha portato a “una certa perdita di lavoro”. L’amministrazione non ha risposto alle richieste da parte di Mongabay di commentare quest’affermazione.
Le nazioni africane comunque hanno espresso immediatamente una forte preoccupazione: “Ciò potrebbe portare in ultima istanza a una proliferazione generalizzata di gruppi terroristici, a riciclaggio di denaro sporco oltre confine e a flussi finanziari illeciti nella regione”, ha detto a Reuters la Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (ICGLR). La ICGLR comprende 12 stati africani membri.
Contando i gorilla di Grauer
Nel sondaggio del 2016, il più grande mai condotto per i gorilla di Grauer, il personale dei parchi, la popolazione locale e gli scienziati guidati dalla Wildlife Conservation Society (WCS) e da Fauna & Flora International hanno passato al setaccio 7.450 km² (quasi 3.000 miglia quadrate) per contare gli animali nella parte orientale del Congo, l’unico luogo in cui vivono. I ricercatori hanno poi utilizzato delle analisi statistiche e dei modelli computazionali per stimare l’estensione della popolazione.
Le loro scoperte hanno subito avuto una grande risonanza internazionale a livello giornalistico e una reazione immediata da parte delle comunità ambientaliste.
In pochi mesi, lo stato del gorilla di Grauer è stato cambiato dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) all’ultimo stadio di allarme rosso prima dell’estinzione della specie allo stato selvatico: Gravemente A Rischio.
Il gorilla di pianura orientale (Gorilla beringei graueri) si unisce ad altre tre sottospecie sulla lista dell’IUCN: il gorilla di pianura occidentale (Gorilla gorilla gorilla), il gorilla del Cross River (Gorilla gorilla diehli), insieme all’altra sottospecie molto più famosa tra le sottospecie di gorilla orientale, il gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei), che attrae turisti da tutto il mondo che vanno ad avvistarli nei Monti Virunga.
Tutti i gorilla ora sono Gravemente a Rischio.
“La maggior parte della gente non ha mai sentito parlare [dei Gorilla di Grauer], e[ppure] potrebbe essere il primo grande primate a estinguersi” ha detto Sonya Kahlenberg, direttrice del Centro Educativo di Riabilitazione e Conservazione dei Gorilla (GRACE), the l’unico santuario al mondo per gli orfani di gorilla di Grauer.
In catastrofico declino
Nel 1994, quando la Wildlife Conservation Society ha fatto un’indagine sui Gorilla di Grauer, in quello che allora era lo Zaire, i ricercatori stimarono una popolazione di 17.000 elementi.
Ma successivamente, nell’aprile del 1994, il gruppo etnico maggioritario degli Hutu nel vicino Rwanda si lanciò in una campagna di morte contro la minoranza etnica degli Tutsi, un genocidio che ha spinto circa due milioni di rifugiati al di là del confine con lo Zaire e l’Uganda. Molti si rifugiarono nei parchi nazionali e nelle foreste; le Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda e altre milizie vi installarono delle operazioni. Molti sopravvissero nutrendosi di bushmeat, innescando quello che è diventato l’attuale “ecocidio” dei gorilla.
Il governo della RDC distribuì delle armi alle comunità locali per contrattaccare. Tanta gente scappò. Le foreste divennero una delle maggiori vittime: abbattute illegalmente tanto per ricavarne del combustibile quanto per il mercato del legname. La caccia era galoppante per una combinazione micidiale di gente affamata e di armi da fuoco di facile reperibilità. I guardiani e altri funzionari della legge furono costretti ad abbandonare i parchi nazionali e altre terre protette. Le foreste si trasformarono in campi di massacro.
Il robusto gorilla di Grauer divenne un bersaglio popolare. Sono facili da rintracciare, dato che questi animali si spostano in gruppo sul terreno e forniscono un sacco di carne con pochi proiettili: sono il primate più grosso del mondo, con un peso medio maschile di circa 400 libbre (180 kg). I più grossi torreggiano per 6 piedi e 3 pollici (1,90 m) e pesano 600 libbre (270 kg).
I minerali da conflitto rimescolano la situazione
Al tempo in cui si dichiarò finita la guerra nel 2003, circa 5.4 milioni di persone erano morte. Ma il conflitto regna ancora nella regione orientale della RDC (la patria dei gorilla di Grauer) alimentato dalla ricerca dei minerali di cui la regione è ricca.
Anche se il paese ha il secondo PIL più basso del mondo, è considerato come il più ricco in assoluto per risorse naturali, con dei giacimenti minerari che valgono almeno 28.000 miliardi di dollari, secondo l’organizzazione no-profit World Without Genocide. Questo include una stima di 28 miliardi di valore in oro e una risorsa abbondante di columbo-tantalite, o coltan, bramata per il suo uso nell’elettronica.
Lo sfruttamento di queste ricchezze ha attratto orde di minatori artigianali, corporazioni senza scrupolo, ufficiali militari e governativi corrotti. L’insicurezza è dilagata. Ma la minaccia più grande viene dai più di 70 gruppi di milizie armate, afferma Damien Caillaud, che è il direttore di ricerca per il programma sul gorilla di Grauer presso il Dian Fossey Gorilla Fund e un professore dell’Università della California, Davis.
Molte milizie controllano le miniere di “minerali da conflitto”, diventate l’equivalente di territori feudali, che esistono fuori dal controllo del governo, a volte impiegando forme di schiavitù e usando i profitti per comprare armi e alimentare le odierne lotte armate.
Attualmente i minatori stanno operando profondamente all’interno dei parchi nazionali della RDC, come anche nelle foreste non protette (i luoghi in cui alcuni gruppi di gorilla sono riusciti a sopravvivere alla guerra civile) e in alcune delle ultime zone in cui vivono i gorilla di Grauer. L’organizzazione International Peace Information Service con sede in Belgio ha documentato la presenza di oltre 1.000 miniere nella regione, quasi tutte illegali.
I minatori disonesti rappresentano la maggiore minaccia per gli ultimi sopravvissuti di gorilla di Grauer.
È illegale per legge nazionale e internazionale uccidere, catturare o commerciale gorilla vivi o loro parti e derivati. Ma gruppi armati e minatori stanno cacciando queste scimmie a un ritmo sconcertante e allo stesso tempo riversano gli scarti sul territorio, riducendo le foreste [un tempo] rigogliose a dei paesaggi lunari fangosi e contaminati.
Le persone, molto simili ai grandi primati, rappresentano anche una minaccia patogena: i gorilla sono così prossimi geneticamente all’homo sapiens che questi sono sensibili alle malattie respiratorie umane e ad altre infezioni. Un comune raffreddore può uccidere un gorilla.
Gorilla in trappola
Un’organizzazione con sede negli USA, Gorilla Doctors si occupa di curare ove possibile i gorilla rimasti intrappolati. Una nota di speranza in mezzo alla carneficina: più oggi che mai gli studenti veterinari congolesi si stanno formando in medicina dei grandi primati, una disciplina che richiede delle competenze specialistiche complesse quasi come se si dovessero assistere degli umani.
Uccidere un gorilla può avere degli ampi effetti collaterali, come causare la morte di altri quattro o cinque esemplari, afferma Caillaud, che ne spiega il perché. Il 90% dei gorilla di Grauer vivono in gruppi dominati da un solo maschio, il leader silverback. I cacciatori di solito puntano a lui, sia perché è il più grosso, quindi ha più carne di tutti, sia perché lui attaccherebbe per proteggere la sua famiglia. Se viene ucciso, il gruppo si scioglie. Non nasceranno cuccioli finché le femmine non troveranno un nuovo gruppo a cui aggregarsi. Per quelle che hanno già un cucciolo, questo potrebbe non sopravvivere: un silverback potrebbe uccidere il cucciolo di un altro maschio, come fanno i leoni.
Salvare gli orfani
Fino al 2010 non c’era nessun luogo in cui prendersi cura dei giovani orfani di Gorilla di Grauer che venivano sequestrati dalle autorità forestali. Questo è l’anno in cui il santuario di GRACE fu fondato nella RDC con lo scopo di allevare i gorilla orfani e di insegnar loro le tecniche necessarie alla sopravvivenza nella foresta come una nuova famiglia. I primi quattro gorilla furono trasportati in elicottero al GRACE dalle forze di pace delle Nazioni Unite della RDC.
Gli orfani richiedono una cura significativa e spesso soffrono di una varietà di traumi fisici e psicologici. Nel 2011, per esempio, un maschio di 17 mesi fu scoperto in un villaggio dove era stato illegalmente messo in vendita. Era troppo giovane per essere svezzato, ma non gli era stato dato del latte, per mesi era stato nutrito solo con la manioca, che non è un alimento per i gorilla. Quando “Lubutu” arrivò al GRACE, era gravemente malnutrito, aveva perso quasi tutti i suoi peli, era debole e disidratato. Ma è stato tra quelli fortunati: è sopravvissuto e adesso sta bene.
Attualmente GRACE si prende cura di 10 gorilla di Grauer, a partire da un cucciolo di 2 anni fino a un adulto di 16. Queste scimmie vivono in un habitat forestale e in un gruppo familiare surrogato, dove i gorilla più grandi assumono un ruolo materno, accompagnando e proteggendo i nuovi arrivati. Il contatto umano è ridotto volontariamente al minimo.
“I gorilla sono degli animali sociali e vediamo che gli orfani si riprendono in fretta una volta che vengono rimessi in contatto con i loro simili. Hanno bisogno gli uni degli altri tanto quanto hanno bisogno di cure di emergenza” afferma Kahlenberg.
Uno dei motivi per i quali GRACE ha tanto successo nel salvare gli orfani è che questa struttura si appoggia ad alcuni degli zoo migliori del mondo, i cui esperti in gorilla formano e consigliano il personale tutto congolese del santuario. Gli zoo vengono consultati attraverso frequenti chiamate via Skype e gli esperti hanno compiuto 63 viaggi diversi al GRACE dal 2010.
La regione ha sofferto alcune delle peggiori atrocità durante la guerra, e quasi tutti quelli del personale di GRACE hanno perso un membro della propria famiglia durante o dopo il conflitto.
Ma la comunità locale vuole andare avanti e si sta fortemente impegnando nella conservazione ambientale. GRACE di recente ha messo in funzione una fattoria dove coltivare il cibo dei gorilla, afferma Kahlenberg, e ogni settimana circa 40 ragazzini si fanno vedere dopo la scuola per aiutare a togliere le erbacce e a prendersi cura dei raccolti. “La gente di qui ma dà così tanta speranza!” dice lei.
Con solo pochi gorilla rimasti allo stato selvatico, la quantità di arrivi al santuario sta crollando. L’anno scorso ne hanno ricevuto solo uno. In ultima istanza lo scopo è quello di reintrodurre per lo meno alcuni gorilla in natura, per aiutare le popolazioni isolate della foresta. GRACE ha rintracciato un potenziale sito per il rilascio. Ma questo è territorio sconosciuto: nessuno ha mai fatto ritornare nella natura un gorilla di Grauer tenuto in cattività.
I gorilla in natura accettano dei cambiamenti nei loro raggruppamenti familiari, rivela Kahlenberg, “ma non sappiamo quanto questo sia un apprendimento di gruppo. Non sappiamo come questi [animali allevati al santuario] reagiranno a un silverback selvatico. Ci sono moltissimi punti di domanda”.
Protezione e ricerca: una questione rischiosa
Difendere la natura selvatica nella RDC è una questione estremamente rischiosa. L’accesso a queste aree remote da parte delle agenzie di funzionari della legge, comprese le guardie forestali dei parchi nazionali o il personale del Ministero dell’Ambiente, è davvero difficile e rischioso. Più di 200 guardie del parco sono state assassinate negli ultimi 20 anni per difendere la natura. Le due vittime più recenti sono Oscar Mianziro e Munganga Nzonga Jacques, che sono state vittime di un’imboscata in due occasioni diverse da milizie armate nel Parco Nazionale Kahuzi-Biega nel 2016.
Molti di coloro che hanno perso la loro vita lottando per salvaguardare i gorilla, gli elefanti e altri animali, avevano una propria famiglia numerosa, con otto, nove o dieci bambini, afferma Stuart Nixon (che attualmente è il coordinatore del programma Africa Field per lo zoo di Chester in UK). Questi omicidi non hanno un forte impatto solo sulle loro famiglie, ma anche sulla comunità del villaggio fortemente unita dove questi uomini vivevano. “[Tutto ciò] ti rende un po’ più umile” afferma Nixon. “Non si vede spesso una tale dedizione in Occidente, tanto meno nei paesi in via di sviluppo”.
L’assenza di legge e la violenza della RDC ha reso quasi impossibile studiare i gorilla di Grauer. Come risultato, molto di ciò che gli scienziati “conoscono” è stato estrapolato da cinquant’anni di ricerca sui gorilla di montagna che vivono nei vicini Monti Virunga all’interno della RDC, del Rwanda e dell’Uganda.
Il G. b. graueri è stato nominato così per Rudolf Grauer, uno zoologo australiano che lavorò in Africa a cavallo del XX secolo. Lui fu il primo a riconoscere questo grande primate come una sottospecie a sé stante. Anche se questi animali assomigliano ai loro parenti di montagna, i loro arti sono più lunghi, hanno il pelo più corto e vivono ad altitudini minori, dai 1.900 ai 9.500 piedi (dai 500 ai 2900 metri) sul livello del mare.
Quest’ultima distinzione è importante, fa notare Caillaud, perché l’ambiente modella in modo significativo il comportamento. Questo vuol dire che le ricerche sui gorilla di montagna non sono affidabili al 100%: l’estensione e l’uso dell’habitat, per esempio, possono essere diversi tra la sottospecie di pianura e quella di montagna. Lo stesso vale per la dieta: i ricercatori sanno che il gorilla di Grauer si nutre maggiormente di frutta rispetto ai loro cugini di alta montagna. Queste differenze possono avere un impatto significativo sui sistemi sociali e sulle abitudini dei grandi primati.
Nonostante il rischio onnipresente di violenza, questi ricercatori, compreso Andy Plumptre (un biologo del WSC), Williamson, Nixon e altri hanno continuato a lavorare nelle foreste pluviali della RDC per anni.
Nixon contattò l’eminente biologo sul campo George Schaller prima di un viaggio importante, per chiedergli della sua ricerca, un lavoro che risaliva al 1959: il primo studio sul campo del gorilla di Grauer. Usando le mappe che Schaller condivise con lui, Nixon localizzò circa 15 gruppi che vivevano esattamente nello stesso luogo in cui erano presenti più di mezzo secolo prima. “Erano circondati da migliaia di miglia quadrate di foresta, ma non si erano quasi spostati” afferma Nixon. “Non ne sappiamo il perché”.
Lo studio di Nixon del 2005 produsse dei risultati allarmanti: “Cominciavamo a renderci conto che c’erano delle ampie aree in cui [erano stati presenti i gorilla di Grauer] negli anni ’60… ed erano scomparsi”, afferma. Delle nuove sotto-popolazioni che la sua squadra aveva scoperto quell’anno, entro il 2010 furono eliminate dalla caccia. “Avevamo l’impressione che il declino fosse stato catastrofico. Ma bisogna pensare a quello che è rimasto” afferma.
Coloro che lavorano per salvaguardare i gorilla di Grauer (gli ufficiali governativi, le guardie dei parchi, gli ambientalisti e i membri delle comunità locali) si riunirono nel 2012 per mettere in piedi un Conservation Action Plan. Si identificarono delle strategie di cooperazione per costruire dei mezzi di sostentamento comunitari e sostenibili e si definirono dei ruoli e delle collaborazioni per i costituenti, compreso il sotto-finanziato Ministero per l’Ambiente e l’Autorità Congolese per le Specie Selvatiche, il cui compito è proteggere le specie selvatiche della RDC.
Il consorzio si rese conto della necessità di quantificare la gravità del declino di questo gorilla con un ampio sondaggio. Dal 2013 al 2015, enormi squadre, spesso di 15-20 persone, si aggirarono della foresta pluviale in spedizioni ardue anche dal punto di vista fisico. Molti gruppi sopravvissuti di gorilla vivono in luoghi quasi inaccessibili, alcuni a quasi 30 miglia (50 km) dal villaggio o dalla strada percorribile dai veicoli più vicini. Tutte le attrezzature e i viveri dovevano essere portati a spalla e la sicurezza era una preoccupazione costante.
Quell’indagine esaustiva confermò il continuo e drastico declino del gorilla di Grauer e portò direttamente alla riclassificazione della sottospecie nell’IUCN a Gravemente A Rischio.
Punti di luce
“È possibile che questo terribile periodo stia lentamente giungendo a termine” afferma Liz Williamson con sorprendente ottimismo. “In alcune zone le guardie dei parchi [nazionali] hanno ripreso il controllo”.
Si riferisce a un relativo successo in un’area chiave per la sopravvivenza dei gorilla: il settore dell’altopiano del Parco Nazionale di Kahuzi-Biega, sito del primissimo turismo ai gorilla negli anni ’70. Prima della guerra civile, quest’area ospitava circa 250 gorilla di Grauer, una popolazione che fu dimezzata dalla carneficina.
Alcune aree del parco, che sono ora relativamente stabili, sono state messe in sicurezza grazie a degli sforzi collettivi e mirati tra il governo congolese, le autorità dei parchi del Paese (ICCN), Fauna & Flora International, il WSC e altre organizzazioni no-profit, le guardie dei parchi (che lavorano a fianco dell’esercito), insieme alle comunità locali. Kahuzi-Bieha ha notato un certo livello di protezione dal 2003, afferma Nixon. Oggi la popolazione del G. b. graueri in una parte del parco arriva fino a 200 individui.
C’è speranza anche per i gorilla delle remote regioni come la foresta di Usala, nel cuore dei 30.000 km² (11.600 miglia quadrate) della regione Maiko-Tayna del Congo orientale. La squadra di Nixon ha analizzato degli aneddoti riportati da Schaller e ha confermato la presenza del gorilla di Grauer nel 2007. Siccome quest’area è molto lontana da strade e insediamenti, c’è la possibilità che le grandi scimmie possano sopravvivere qui a lungo termine.
“Nonostante tutta la pressione, questo prova che con risorse focalizzate e mirate, questi successi sono possibili” afferma Nixon.
Il Dian Fossey Gorilla Fund ha insediato una stazione sul campo nel cuore isolato del territorio dei Grauer a partire dal 2012, in una foresta non protetta che si trova tra le riserve. Il personale congolese dello stabilimento pattuglia e raccoglie dei dati sui gorilla, lavorando a stretto contatto con otto famiglie che possiedono vaste porzioni di terra. Insieme, stanno tutelando i gorilla e altre specie selvatiche. Le famiglie sono povere e appartengono a dei villaggi, non sono ricchi proprietari terrieri, ma hanno scelto di controllare e ridurre le attività umane sulla loro terra. Come risultato, la vita selvatica sta lentamente aumentando. “In solo pochi anni, la protezione ha avuto un impatto riconoscibile” ha riportato Caillaud.
Nel 2008, circa il 25% dell’habitat dei gorilla di Grauer in prima istanza mappato da George Schaller era stato raso al suolo. Ma oggi, anche se alcune popolazioni sono isolate, rimane ancora un sacco di foresta [abitabile da loro]. Anche se gli ambientalisti fanno notare che con la crescente popolazione umana, non sarà così per sempre.
Quindi attualmente sono in corso degli sforzi per proteggere delle aree forestali chiave, con il 2016 che porta un grande successo su questo fronte. È stata creata una nuova area polivalente, a vantaggio sia della natura che delle persone: la Riserva Naturale di Itombwe, che si estende dai bassopiani alle montagne e che è una di quelle con maggiore biodiversità in Africa.
Le scelte dei consumatori possono aiutare a salvare i gorilla
Solo in pochi si rendono conto quando comprano dell’elettronica che la catena di produzione per questi articoli può estendersi fin nel profondo delle foreste pluviali dell’Africa. Parti di questi prodotti potrebbero provenire da miniere gestite da milizie senza scrupolo e possono contenere “coltan insanguinato”.
La fame internazionale insaziabile per le Playstation, i computer portatili e i cellulari, se non adeguatamente regolata, contribuisce al pericolo, minaccia la sicurezza delle genti locali e sta uccidendo i gorilla e altri animali. Se la bozza presidenziale dell’amministrazione Trump permette ancora alle aziende statunitensi di comprare liberamente i minerali da conflitto, senza pubblica denuncia, i gorilla e molte comunità saranno ancora più in pericolo man mano che le miniere si espanderanno.
“Spererei che questo facesse pensare le persone al processo di produzione per questi strumenti” afferma Williamson, commentando sul costo reale dei minerali da conflitto. Tutto dipende dalle scelte dei consumatori: se alle persone importa delle comunità africane e delle grandi scimmie, “dovrebbero fare pressione sui produttori e scoprire se stanno ottenendo i materiali da fonti legittime e credibili, il ché è difficile nella RDC”. Anche quando le operazioni di estrazione sono legali, il processo di produzione potrebbe servirsi delle milizie che fanno da intermediari, avverte.
Gli ambientalisti fanno notare che i consumatori possono aiutare comprando l’elettronica meno frequentemente.
La posta in gioco è alta: solo pochi gorilla di Grauer esistono in cattività, conclude Kahlenberg. E se questo grande primate si estingue allo stato selvatico, sarà effettivamente perso per sempre.