- La carne selvatica può essere acquistata nelle principali città d'Europa, con la possibilità di reperire carne di specie A Rischio come i primati e il pangolino. Ma non si riesce a individuare esattamente la scala del problema dato che si sono svolti solo pochi studi agli aeroporti e in altri punti di entrata per determinarne la portata.
- In uno studio all'aeroporto di Parigi, nell'arco di 17 giorni sono stati perquisiti 134 passeggeri arrivati dall'Africa: si è scoperto che 9 di loro portavano un totale di 188 kg (414 libbre) di carne selvatica. Uno studio più recente di selvaggina arrivata dall'Africa in due aeroporti della Svizzera ha rivelato che un terzo della carne scoperta proveniva da specie CITES minacciate come pangolini, piccoli carnivori e primati.
- A giudicare dalle prove che ci sono di questo commercio, una certa parte esso sembra essere organizzata per trarne profitto, con i trafficanti che trasportano valige piene di carne selvatica da vendere sul mercato nero. Gli africani che risiedono in Europaa a volte si portano dietro della selvaggina dall'Africa come un “sapore di casa”, contribuendo potenzialmente al rischio di diffusione di malattie che potrebbero essere trovate nella carne.
- I ricercatori stanno facendo pressione perché gli strumenti di analisi del DNA siano utilizzati più ampiamente per individuare quali specie sono trasportate sotto forma di carne selvatica in Europa, e perché si mettano in atto maggiori azioni penali nei confronti dei trafficanti di selvaggina che commerciano specie A Rischio. Ma dato che gli ufficiali doganali sono già risicati e la carne selvatica non è una priorità, la tecnologia ora come ora viene utilizzata raramente.
La Svizzera ospita il CITES, il Convegno sul Commercio internazionale delle Specie A Rischio di Wild Fauna and Flora. Ma questo non vuol dire che sia immune al traffico di specie selvatiche, o che alcuni dei suoi cittadini non abbiamo sviluppato un gusto particolare per la carne selvatica.
“Ho fatto il check-in per i voli verso il Camerun, che arrivano direttamente in Svizzera. Sono stato in coda con persone di fronte a me che avevano delle grosse borse frigorifere di fronte a loro e li hanno fatti passare senza nessun problema” afferma Karl Amman, che è stato riconosciuto come il primo a far notare il commercio di carne selvatica negli anni Novanta e che continua a studiare il problema.
Una quantità stimata di 40 tonnellate di carne selvatica arriva in volo agli aeroporti di Ginevra e di Zurigo ogni anno e un andamento simile si sta scoprendo anche in altre capitali europee, dove la carne catturata nella selva e frutto di bracconaggio (comprese di specie A Rischio) viene commerciata illegalmente e servita nei piatti in città. Il problema potrebbe essere grave e parte del traffico potrebbe essere ben organizzato, ma finora si son fatte solo poche indagini in un paio di paesi per determinare cosa sta accadendo nei punti di accesso all’Europa.
Mentre la maggior parte del commercio di carne selvatica che si verifica nel mondo rimane interno al paese d’origine (che si tratti di Africa, Sudest Asiatico e delle Americhe), gli esperti sono assolutamente sicuri che la carne selvatica stia trovando il modo di arrivare nelle più grandi città europee, dove la domanda di prelibatezze esotiche o di un “sapore di casa” stimola un commercio che deve ancora essere quantificato. Tra le specie A Rischio che vengono servite come carne selvatica, potrebbero esserci alcune grandi scimmie, anche se nessuno sa quante e con che frequenza.
Riconoscere le specie di carne selvatica
All’occhio non allenato, la carne selvatica (in particolare quando già macellata e affumicata) risulta irriconoscibile quanto a specie di origine. Proprio qui sta il problema chiave che riguarda le forze dell’ordine doganali, con gli ufficiali che sono già terrorizzati da una lunga lista di minacce da individuare, che vanno dal terrorismo all’immigrazione illegale, e probabilmente non addestrati a identificare le specie di carne selvatica; nonostante questo, riescono comunque a individuare la carne di specie A Rischio. Come risultato, i resti anneriti trasportati in Europa che vengono a volte confiscati, spesso nel migliore dei casi vengono identificati come “carne selvatica” o “selvaggina”, o più tipicamente, semplicemente come “prodotti di origine animale” (il ché comprende la carne da allevamento o il pesce).
Questa mancanza di dati rende il lavoro di ricercatori come Noëlle Kümpel della Società Zoologica di Londra (ZSL) e un membro del U.K. Bushmeat Working Group, molto più difficile. “Nel Regno Unito, [il Dipartimento dell’Ambiente, degli Alimenti e degli Affari Rurali] pubblica annualmente delle relazioni sulla confisca di prodotti di origine animale” ha raccontato a mongabay.com. Ma non c’è nessuna relazione specifica sulle quantità di carne selvatica.
Un altro problema: a causa dei potenziali rischi alla salute posti da un trattamento non accurato della carne non adeguatamente macellata, la carne selvatica confiscata spesso viene smaltita o incenerita immediatamente, senza alcuna identificazione della specie.
Questo non per dire che la carne selvatica non porti con sé dei rischi sanitari, anzi la carne macellata è stata collegata a un ampio spettro di malattie, compresa l’AIDS, la malattia di Marberg e l’E.coli. Si è insinuato che l’epidemia mano-piede-bocca degli UK all’inizio dell’ultimo decennio si sia originata da delle importazioni di carne selvatica. Si è anche sospettato che l’epidemia di Ebola del 2013 nell’Africa Occidentale sia stata diffusa per il consumo di pipistrelli della frutta infetti.
In questo periodo di risveglio di queste epidemie, si è avuto paura che della carne selvatica importata illegalmente potesse essere il mezzo di tali virus per entrare nelle città europee. Nel marzo del 2015, Kümpel e i suoi colleghi hanno rilasciato una recensione intitolata “Carne selvatica ed Ebola: Mito e Realtà”, nel tentativo di chiarire un po’ della confusione che riguardava le affermazioni che il commercio di carne selvatica era stato la causa dell’epidemia di Ebola e poteva causare una pandemia globale.
L’Ebola può rimanere attiva in carne selvatica non trattata solo fino a 3-4 giorni, hanno scritto i ricercatori, e dato che molta della carne trafficata è affumicata, le possibilità che il virus sopravviva al viaggio in Europa o negli Stati Uniti è basso. “Il rischio di contagio di nuove aree sta nel movimento di persone infette, non di carne infetta.”
Eppure, la minaccia potenziale della malattia è il motivo per cui la carne selvatica viene raramente conservata per essere analizzata, a differenza dell’avorio, dei corni di rinoceronte, dei crani di grandi scimmie o altre parti ben identificabili di animali selvatici. La paura che malattie infettive vengano trasmesse attraverso la carne selvatica agli umani e/o al bestiame e la rapida distruzione della carne trafficata che ne risulta continua a ostacolare una valutazione scientifica degli schemi di traffico europei.
Anche quando i campioni di carne selvatica vengono conservati perché siano esaminati, gli esperti possono ancora fallire il bersaglio. “Ci autodefiniamo specialisti di carne selvatica, e crediamo di poterla riconoscere. Ma molte volte ci sbagliamo” afferma Bruno Tenger riguardo a delle analisi passate. Egli fa parte dell’Organizzazione Tengwood ed è un membro della squadra che ha studiato gli accessi di carne selvatica in Svizzera. Le analisi del DNA sono l’unico modo sicuro per identificare le specie d’origine con certezza.
“Quindi il passaggio al DNA è davvero fondamentale” aggiunge la compagna di ricerca di Tenger, Kathy Wood. Tuttavia questo non è un test che attualmente viene condotto in caso di confisca di carne selvatica agli aeroporti internazionali e in altri punti di entrata.
L’Europa come destinazione per il commercio di carne selvatica
Anche se le autorità sanno da tempo che la carne selvatica arriva sulle tavole europee, una delle prime significative intuizioni della presenza di questo commercio è avvenuta solo otto anni fa a Parigi. I ricercatori del ZSL e dell’École Nationale Vétérinaire e del Muséum d’Histoire Naturelle di Tolosa hanno sorvegliato la carne selvatica confiscata all’aeroporto Charles de Gaulle dai voli provenienti dall’Africa. In un periodo di 17 giorni, un totale di 134 passeggeri sono stati perquisiti; si scoprì che nove di questi trasportavano un totale di 188 kg (414 libbre) di carne selvatica.
Estrapolando le cifre, i ricercatori affermano che circa 270 tonnellate potrebbero passare ogni anno solo da questo aeroporto. Moltiplicando questi totali per tutti i maggiori aeroporti europei, la scala di questo traffico ha sconvolto i ricercatori. “La gente sapeva che la carne selvatica veniva commerciata, ma non sapevamo fino a che estensione” ha affermato Anne-Lise Chaber, che ha condotto la ricerca.
Chaber fa notare che la squadra ha studiato l’aeroporto Charles de Gaulle in parte a causa del rifiuto di altri aeroporti di aprire le loro porte a questo scrutinio. “Sono sicura che se avessimo condotto lo studio in altre capitali, avremmo trovato una tendenza simile… è probabile che la maggior parte delle grandi città siano interessate dal commercio di carne selvatica.”
Quattro anni dopo quest’ipotesi è stata largamente avvalorata in Svizzera.
Tenger e Wood dell’Organizzazione Tengwood hanno studiato la carne selvatica che arrivava agli aeroporti di Ginevra e Zurigo. Le 40 tonnellate all’anno che loro credono siano introdotte di soppiatto nel paese possono non sembrare un gran numero, in confronto alle migliaia di tonnellate cacciate illegalmente negli stati dell’Africa per il consumo locale e urbano, ma per i ricercatori è stato uno shock.
Gli scienziati credono che probabilmente è stato dato il via libera al loro studio perché le autorità doganali pensavano che non ci fosse niente o gran poco da trovare. “Pensavano di avere un problema molto piccolo. Era sorpresi, prima di tutto, che [la carne selvatica] stesse entrando e in una certa quantità” ha raccontato Wood a Mongabay.
Lo studio svizzero ha aggiunto un nuovo dettaglio sul commercio: le analisi del DNA sono state usate per evidenziare esattamente quali specie erano soggette al traffico. Un terzo della carne si è scoperto provenire da specie Minacciate del CITES, come i pangolini, piccoli carnivori e i primati. Sono state trovate tre specie di cercopitechi (scimmie africane), tutte provenienti dal Cameroon.
“Se sta arrivando in Svizzera, che è un paese piccolo e sede del CITES, allora è ovvio che stia arrivando in molti altri luoghi” conclude Wood.
Per destare consapevolezza sulla questione della carne selvatica, l’Organizzazione Tengwood ha collaborato con la l’autorità federale svizzera veterinaria e della sicurezza del cibo per produrre un opuscolo con delle immagini grafiche di carne selvatica affumicata per aiutare gli ufficiali doganali a identificare le specie trafficate.
Secondo il resoconto biennale del CITES svizzero del 2013/2014, sette confische di carne selvatica identificata che pesavano un totale di 83.3 kg (183 libbre) sono state fatte in quel periodo, con un totale di multe per 8.500 franchi svizzeri (8.431 dollari americani) . La pena più grave, per un totale di 3.000 franchi svizzeri, fu inflitta per aver cercato di introdurre 30 kg (66 libbre) di carne selvatica, che interessava un’ampia varietà di specie come il Quasi Minacciato cefalofo baio (Cephalophus dorsalis), l’istrice dalla coda a spazzola africana (Atherurus africanus) e il pangolino A Rischio.
“La Svizzera affronta le stesse sfide di ogni altro paese: non è possibile avere un controllo che interessi ogni passeggero entrante e quindi ci saranno sempre delle importazioni che non verranno rilevate” afferma Lisa Bradbury, una scienziata dell’autorità svizzera di gestione CITES. “Lo studio non ha avuto alcun impatto diretto sulle [confische] all’interno della Svizzera che potevamo misurare o quantificare.”
Lo studio svizzero e l’opuscolo hanno, comunque, “speranzosamente” assistito gli ufficiali doganali insieme agli ufficiali del CITES nell’identificazione di quali specie sono nella lista CITES e quindi prevedono una multa. Le specie non-CITES che vengono trafficate come carne selvatica vengono distrutte senza intraprendere nessun’altra azione, riporta Bradbury.
Grandi scimmie sul menù o un mito urbano?
La carne delle grandi scimmie sta facendo un viaggio attraverso gli oceani del mondo e anche per l’Europa – anche se la gravità e lo scopo di questo traffico sono largamente sconosciuti con i pochi dati recenti. in uno studio del 2006 27 parti di gorilla e scimpanzé sono state registrate in mercati di carne selvatica nelle città del Nord America e nell’Europa Occidentale.
Si racconta di carne selvatica di grandi scimmie trovata a New York e a Toronto; e rivendicazioni che sia stata venduta anche a Parigi, Bruxelles e persino nelle midlands dell’inghilterra. Ma i ricercatori non hanno quantificato quanto si stia trafficando e che proporzione del commercio di carne selvatica costituisca – se ne costituisce. Questa mancanza di conoscenza non è un buon motivo per sentirsi rassicurati, ma piuttosto è causa di preoccupazione. La ricerca è necessaria per vedere se le dicerie sono l’unica cosa che si diffonde o se la carne delle grandi scimmie sta fluendo nei mercati europei.
Nella stessa Africa, le grandi scimmie costituiscono solo una fettina dell’intero commercio di carne selvatica. Ma mentre le scimmie di solito non vengono prese di mira dai cacciatori, il bracconaggio viene ancora citato come uno dei maggiori motivi del loro declino. Altre specie A Rischio vengono mangiate in quantità molto maggiori, ma il bracconaggio di anche solo pochi esemplari di grandi scimmie può rappresentare un grande rischio a queste specie Gravemente A Rischio: l’anno scorso il gorilla di pianura orientale, anche conosciuto come Gorilla di Grauer (Gorilla beringei graueri) è stato classificato come Specie in Pericolo Critico dall’IUCN e si pensa che solo un 5.000 esemplari rimangano allo stato selvatico. Altre tre grandi scimmie, il gorilla di pianura occidentale (Gorilla gorilla gorilla), l’orango del Borneo (Pongo pygmaeus) e l’orango di Sumatra (Pongo abelii) sono pure classificati come in Pericolo Critico; gli scimpanzé (Pan troglodytes) e i bonobo (Pan paniscus) nel frattempo sono considerati A Rischio, con il loro numero che si riduce di anno in anno.
Durante la sua carriera, Tom de Meulenaer, Capo della Scienza al CITES Secretariat a Ginevra, ha ascoltato varie dicerie di carne di scimmia disponibile nelle città europee. Egli afferma che la scarsità di prove suggerisce che il commercio probabilmente è poco più di un mito urbano. “Ne sentiremmo parlare” afferma. “È come con i rinoceronti, ne senti parlare e ci sono le confische. Nel caso dei primati, è estremamente raro che si riporti alcun consumo che si verifichi al di fuori dell’Africa.”
In ogni caso, non tutti i ricercatori di carne selvatica sono d’accordo con questa visione: Chaber evidenzia che il suo studio è stato piuttosto piccolo sia come scala che come scopo e solo perché non ha identificato nessuna carne selvatica di grandi scimmie, questo non vuol dire che i primati non siano attualmente soggetti a questo traffico.
Tenger fa notare che siccome gli ufficiali non analizzano la carne confiscata, è altamente possibile che le grandi scimmie siano tra la carne stanata: “Non si sa neanche cosa si ha tra le mani, si potrebbe buttar via un pezzo di carne di grandi scimmie e non saperlo neanche”.
“Non [c]’è nessuno sforzo serio per identificare la carne affumicata che arriva in Europa dall’Africa Centrale. Può provenire da qualsiasi animale… questa è la realtà” concede de Meulenaer.
Il bisogno di certezze
Alla luce di questa mancanza di dati, i ricercatori stanno facendo pressione perché si ottengano molti più campioni di DNA. E secondo Michael Bruford, un ecologo molecolare all’Università di Cardiff, l’analisi del DNA di carne selvatica affumicata potrebbe essere portata avanti abbastanza facilmente ai punti di entrata nazionali.
In uno studio del 2011 condotto in Guinea-Bissau, Bruford e una squadra di ricercatori usarono la lettura del codice a barre del DNA per identificare delle specie dal vari pezzi di carne bruciacchiata disponibile nei mercati locali. Stavano cercando delle prove del consumo di carne di grandi scimmie, ma scoprirono invece che i venditori regolarmente camuffavano la carne che stavano vendendo. Scoprirono che la carne di facocero veniva spacciata per babbuino – una delle carni più care della Guinea-Bissau, e anche che il cercopiteco mona di Campbell (Cercopithecus campebelli), una specie di Minor Preoccupazione della lista IUCN, era la seconda specie più commerciata, al contrario delle credenze locali.
Bruford afferma che è un peccato che questo strumento di analisi dei campioni di DNA non venga usato più diffusamente, specialmente dalle dogane internazionali, dato che costa poco ed è facile da usare. Egli crede che la sua attuazione potrebbe aiutare sia ad identificare le specie di carne selvatica sia a restringere il campo sui paesi di origine, potenzialmente facilitando le azioni giudiziarie, in maniera simile al Sistema di indicizzazione del DNA di rinoceronte utilizzato per scovare i bracconieri di rinoceronte.
Nonostante sia disponibile dal 2009, egli afferma che un uso più ampio di questa tecnologia “non è mai stato veramente preso in considerazione” dagli ispettori di confine, probabilmente perché l’identificazione della carne selvatica è lontana dall’essere una priorità.
Per quanto riguarda il fatto se le grandi scimmie sarebbero scoperte arrivare in Europa o no, Bruford non lo sa dire, ma sostiene che “che si tratti di una grande scimmia o di un altro primate, è sempre una grosso problema: tanti, tanti primati sono sulla Lista Rossa dell’IUCN”.
“Sapore di casa” o crimine organizzato?
Una questione importante ancora largamente irrisolta è se il commercio mondiale di carne selvatica sia condotto primariamente da individui o se sia parte di reti sotterranee di traffico criminale.
Negli anni ’90 si sapeva che i corrieri diplomatici viaggiavano dall’Africa all’Europa con borse piene di carne selvatica, secondo de Meulenaer. Egli crede che questi anelli di traffico sofisticati non esistano più, ma ammette che i numeri che sono stati racimolati dai pochi studi disponibili parlano da soli: “La carne selvatica non si introduce da sola”, afferma. “Dev’esserci un qualche tipo di avanti e indietro regolare. Altrimenti non si riuscirebbe a introdurre queste quantità di carne.”
Si sa che alcuni africani che viaggiano tra i loro paesi d’origine e le loro nuove residenze in Europa, si portano dietro un po’ di carne, nello stesso modo in cui un francese che si trasferisce in una nuova casa negli Stati Uniti può riempire una borsa di qualche forma di formaggio francese. Questa pratica, conosciuta come portarsi dietro un “sapore di casa” è comune tra gli africani occidentali, dove la carne selvatica ha una lunga tradizione.
Un aspetto importante è che questa pratica non necessariamente coinvolge il traffico di specie A Rischio: i ratti del bambù vengono comunemente mangiati in Africa occidentale e vengono spesso trovati tra le confische di carne selvatica. Nel 2013, i roditori rappresentarono la metà delle 543 confische di carne selvatica in uno studio .
Comunque, altre persone viaggiano senza niente se non carne selvatica nelle loro valigie, il che suggerisce che la carne viene trafficata anche esclusivamente per essere venduta a rivenditori. I profitti del contrabbando possono essere proficui. Una scimmia da quattro chili (8,8 libbre) può costare intorno ai 100 euro (o circa 105 $ americani) a Parigi, contro i 5 euro (circa 5,37 $ americani) per la stessa carne in Cameroon.
Amman afferma che questo commercio è “specializzato” e condotto da persone che sono coscienti di dove i controlli sono maggiori. Fa notare che a differenza di altri prodotti di animali selvatici, come l’avorio o le corna di rinoceronte, i quali hanno dei percorsi di commercio limitati, “la carne selvatica viene distribuita ovunque”. in Europa questo può accadere ovunque ci siano popolazioni di migranti africani. Non si sa fino a che punto questo commercio si possa estendere ai mercati da intenditori o di prelibatezze, come anche si ignora il coinvolgimento del crimine organizzato nel trasporto.
La punta dell’iceberg
Ciò che si sa con una certa sicurezza è che la lotta europea contro il flusso di carne selvatica è piccola in confronto a crisi molto più grandi che si stanno verificando in Africa.
“Una cosa per cui tutti siamo preoccupati è l’impatto massivo dei mercati di carne selvatica in Africa centrale e occidentale” afferma de Meulenaer. “Si stima che il raccolto annuo di animali selvatici sia 6 volte più grande di quanto le foreste possano sostenere. La realtà è che l’Africa si sta mangiando le sue foreste e noi ci aspettiamo una sindrome della foresta vuota (come quella che c’è in Asia sudorientale) in brevissimo tempo.”
“Si sta facendo gran poco” per tamponare questa crisi, avverte.
Il mercato europeo di carne selvatica gioca un ruolo davvero importante, comunque. Rappresenta un punto finale proficuo per i trafficanti africani ed è un luogo in cui possono ottenere dei prezzi alti per delle specie africane che sono sempre più rare, il ché fa del trasporto illegale di carne un potenziale rischio che vale la pena di correre, che [comunque] al momento sembra essere minimo dovuto al lassismo nei controlli. Questo potrebbe voler dire che siccome le specie africane diventano sempre più rare e ottengono un prezzo maggiore all’estero, l’Europa e gli Stati Uniti potrebbero convertirsi in mercati promettenti di carne selvatica.
Come de Meulenaer fa notare, “l’intero aspetto di sussistenza del commercio di carne selvatica è cambiato”. Mentre molte persone di luoghi remoti fanno ancora affidamento alla carne selvatica per il loro apporto giornaliero di proteine e sostentamento, c’è anche un mercato fiorente di specie a rischio concentrato nelle città africane. “E’ diventata un’industria per rifornire il mercato, le metropoli che sono le capitali di questi paesi.” Ed è solo un piccolo passo in più per i commercianti cercare profitti maggiori attraverso il traffico attraverso il Mediterraneo.
Alla luce di questa potenziale minaccia, i ricercatori fanno pressione perché le questioni importanti riguardo al ruolo dell’Europa nel commercio internazionale di carne selvatica vengano risolte presto. I regolatori e gli ufficiali della legge devono sapere: quanta carne si sta trafficando? La carne dei grandi primati viene introdotta furtivamente insieme ad altre numerose specie a rischio e non? Se così fosse, in che quantità? E le quantità di carne trasportata stanno aumentando?
Kümpel insiste che la ricerca fatta per quantificare la scala del problema, poi crea dei meccanismi per monitorare il commercio. Deve accadere questo prima che le misure di imposizione possano essere applicate, afferma. “Al momento abbiamo solo i dati delle confische e questi non distinguono la carne selvatica [per specie], quindi non riusciamo a vedere se è un problema in crescita o in diminuzione”, afferma.
Fino a quando la quantità di carne selvatica trafficata in Europa non verrà conosciuta accuratamente, e quali specie siano commerciate, la minaccia alle specie a rischio compresi i primati rimarrà un mistero.
Siamo quello che mangiamo
Gli esperti dicono che un altro pezzo dev’essere preso in esame in questo complesso puzzle: i consumatori.
L’analisi delle abitudini di consumo di carne selvatica e gli andamenti nelle comunità africane immigrate in Europa è essenziale per sviluppare una comprensione di questo commercio, i rischi alla salute che sono coinvolti e le questioni di conservazione ambientale che ne scaturiscono. Al momento c’è “molto poco” di questo tipo di dati o di un qualche impegno con le comunità immigrate per ottenerli, secondo de Meulenaer.
Quando si guarda al traffico Africa-Europa è importante non demonizzare il commercio, avverte Kümpel, facendo notare che i titoli di giornale che denunciano chi mangia ratti o scimmie non sono d’aiuto, ma provocano l’orrore in alcune persone, perché “siamo più indifferenti a quegli stili di vita tradizionali” in Occidente. “Non ho nessun problema con la caccia e il consumo e il commercio di carne selvatica, la preoccupazione nasce nel caso in cui si trovino dei rischi alla conservazione e alla salute”, conclude.
Mentre le specie carismatiche come gli elefanti e i rinoceronti rimangono in prima linea nella battaglia contro il traffico illegale di specie naturali, al di là delle zanne d’avorio, delle ossa di tigre e delle pelli di leopardo potrebbe trovarsi un commercio internazionale potenzialmente vasto di carne esotica di specie minacciate che potrebbe essere stabile oppure in crescita… semplicemente non lo sappiamo. Potrebbe anche venir fuori che il traffico sia prevalentemente fatto di specie meno minacciate, ma un simile commercio potrebbe non essere sostenibile e potenzialmente devastante a lungo termine.
Ecco perché c’è bisogno di un maggiore e continuo monitoraggio adesso ai punti di accesso per scoprire quanta carne selvatica sta arrivando in Europa, quali specie vengono trafficate e se l’andamento sta crescendo o diminuendo. Quello che troviamo potrebbe essere sconvolgente, ma in ogni caso uno studio approfondito provvederà dei dati operativi fondamentali.