- Esistono quattro sottospecie riconosciute di scimpanzè, ciascuna con il proprio areale di distribuzione e il proprio corredo genetico.
- Quando gli scimpanzè vengono riscattati dal traffico illegale di fauna selvatica è quasi impossibile per gli scienziati della conservazione individuare il luogo preciso da cui gli individui sono statti sottratti.
- I ricercatori sono al lavoro per creare una mappa genetica di riferimento per gli scimpanzè in modo da permettere agli scienziati della conservazione e alle forze dell’ordine di individuare il luogo d’origine degli animali e identificare le zone di bracconaggio.
Gli esperti stimano che ogni anno circa 2.000 scimpanzè cadono vittime del commercio di fauna selvatica. Una volta sottratti al loro habitat naturale, i giovani scimpanzè che superano l’evento traumatico della cattura vengono venduti come animali da compagnia oppure per lo spettacolo e, come riportato dalle autorità locali, possono finire in qualsiasi parte del globo.
Come spiega Peter Frandsen, ricercatore di genomica e conservazione presso lo Zoo di Copenaghen in Danimarca, “possono essere confiscati a Mosca, oppure a San Francisco o a Hong Kong, ovunque insomma, e non abbiamo idea da dove vegano”.
Ciò costituisce un problema nel momento in cui gli scienziati della conservazione hanno bisogno di decidere in quali santuari gli animali dovrebbero essere ospitati o dove sarebbe più sicuro poterli reintrodurre in natura.
La risposta potrebbe trovarsi nel codice genetico degli scimpanzè. Un gruppo di ricercatori internazionali sta lavorando per capire come la genetica dello scimpanzè cambia a seconda della provenienza dell’animale. Creando una mappa genetica di riferimento gli scienziati sperano di poter individuare l’origine degli scimpanzè confiscati, così come le aree colpite da un’intensa attività di traffico di fauna selvatica.

Una specie in declino
Appena un secolo fa circa un milione di scimpanzè vagava nelle foreste pluviali e nelle praterie africane. Oggi potrebbero esserci meno di 200.000 individui in natura e gli scienziati della conservazione temono che senza un cambiamento radicale questi animali potrebbero estinguersi nel loro habitat naturale.
“Al momento gli scimpanzè stanno affrontando tutte le più grandi minacce che minano la loro sopravvivenza”, spiega Mimi Arandjelovic, primatologa presso l’Istituto di Antropologia Evolutiva del Max Planck. “Il disboscamento, l’industria mineraria, tutte le industrie di estrazione che operano nell’Africa equatoriale… e ovviamente la minaccia dovute alle malattie… c’è anche il traffico di fauna selvatica che comporta la caccia di primati per la loro carne. A tutto questo si aggiunge il commercio degli stessi come animali da compagnia”.
Al momento gli scimpanzè rientrano tra le specie a rischio di estinzione della lista IUCN (lo scimpanzè occidentale, una della quattro sottospecie, rientra tra quelle in pericolo critico) e il loro numero continua a diminuire.
Nonostante la conservazione degli scimpanzè implichi numerose componenti, i ricercatori dicono che gli studi genetici costituiscono un importante tassello del puzzle.
Uno studio pubblicato di recente fa luce sulla validità che l’informazione genetica potrebbe avere nella conservazione delle specie a rischio di estinzione.
In questo studio un gruppo di ricercatori provenienti da Danimarca, Spagna, Russia e Regno Unito, ha analizzato circa 60.000 marcatori genetici legati alla discendenza in scimpanzè nati in cattività e in natura. I ricercatori, grazie alla collaborazione di dozzine di zoo e santuari in Europa e in Africa, hanno impiegato campioni di pelo come fonte di DNA, una tecnica meno invasiva e meno stressante per gli animali rispetto al prelievo di sangue.
Grazie all’utilizzo di dati genetici provenienti da scimpanzè nati in natura il cui luogo di nascita era noto, i ricercatori hanno potuto costruire una mappa genetica di riferimento. Hanno quindi messo a confronto questa mappa con il DNA di scimpanzè trasferiti presso santuari a seguito della confisca da operazioni illegali di traffico di fauna selvatica. In questo modo gli scienziati sono stati in grado di stimare il luogo di provenienza di questi individui salvati dal bracconaggio.
Perciò, così come i servizi di analisi del DNA umano possono darci informazioni sulla nostra discendenza e origine, allo stesso modo l’informazione genetica può rivelare da dove gli scimpanzè provengono.

L’origine degli scimpanzè: Fondamentale per i programmi di riproduzione
Frandsen, uno degli autori dello studio, sostiene come capire la provenienza degli scimpanzè sia importante per molte ragioni.
Per esempio, continua Frandsen, le analisi genetiche forniscono informazioni essenziali per i programmi di riproduzione in cattività. Nonostante gli scimpanzè possano sembrare tutti uguali, esistono ufficialmente quattro sottospecie (e una quinta sottospecie è stata proposta) ciascuna con il proprio areale di distribuzione e un corredo genetico unico. Eppure, non sempre esistono informazioni circa la provenienza degli animali e circa la precisa sottospecie con cui si ha a che fare, il che rende complicato per i programmi di riproduzione in cattività preservare l’integrità delle sottospecie.
Frandsen spiega come sia fondamentale per i programmi di riproduzione in cattività preservare queste sottospecie. “Spesso gli zoo moderni vengono visti come delle Arche di Noè. Potremmo definirli esempi di musei viventi. Vogliamo quindi assicurarci che (le popolazioni negli zoo) assomiglino a quelle che troveremmo in natura”.
In questo modo, continua Frandsen, se una sottospecie si estingue in natura, non andrebbe persa per sempre e gli individui di quella sottospecie potrebbero essere reintrodotti in natura proprio grazie alle popolazioni in cattività.

Il traffico illegale di animali da compagnia
I dati genetici potrebbero persino essere ancora più importanti al fine di combattere il traffico di fauna selvatica.
Arandjelovic (non coinvolta nello studio del 2020 di Frandsen e colleghi) afferma che sfortunatamente è abitudine comune uccidere le madri di scimpanzè per la loro carne e vendere i loro cuccioli come animali da compagnia. Gli esemplari salvati da questo traffico di fauna selvatica sono ottimi candidati per la reintroduzione in natura, perciò, sapere da dove provengono è essenziale per decidere dove liberarli.
Nonostante Frandsen sia consapevole che la reintroduzione in natura può essere un’operazione complessa, in particolare con l’aumentare dell’età dell’animale, la considera di fondamentale importanza. “Si stanno ammassando nei santuari e non hanno spazio sufficiente. Uno degli obiettivi principali è reintrodurre quanti più animali possibile in natura”, spiega Frandsen. “Se esistono altre vie per reintrodurre gli scimpanzè, i santuari non dovrebbero essere considerati il loro traguardo finale”. Essere in grado di individuare la provenienza esatta degli animali grazie all’impiego di dati genetici potrebbe portare a migliori successi nella reintroduzione delle specie.
È persino possibile che i dati genetici impediscano il traffico di scimpanzè. Se si risale all’esatta provenienza degli scimpanzè vittime del traffico illegale di animali da compagnia, è possibile individuare i maggiori centri di bracconaggio e permettere così ai paesi di meglio indirizzare gli sforzi antibracconaggio. Questo è di particolare importanza per i paesi in cui i fondi sono già di per sé limitati.
Frandsen dice però che per il momento non possiedono ancora dati a sufficienza per identificare queste aree ad elevato rischio di bracconaggio. In questo progetto ancora ai suoi albori, i ricercatori hanno per ora analizzato solo poche dozzine di animali che sono stati riscattati dal traffico di fauna selvatica e inseriti all’interno di santuari. Al momento, spiega Frandsen, nei santuari africani ci sono circa 1.000 scimpanzè. Il gruppo di ricerca vuole ampliare la quantità di dati a loro disposizone in modo da includere anche questi animali e poter avere un quadro completo delle maggiori aree di bracconaggio.

Più dati abbiamo meglio è
Progetti futuri includono anche la raccolta di dati da individui nati presso luoghi noti in modo da poter realizzare una mappa genetica di riferimento più completa, spiega Frandsen. Più la mappa è dettagliata, più i ricercatori saranno accurati nell’individuare i luoghi da cui gli animali sono stati strappati dal loro habitat naturale.
Frandsen dice che “per alcune sottospecie possediamo dati molto validi, ma per altre siamo ancora a corto di informazioni. Perciò, al momento, il piano è di riempire queste lacune presenti nella mappa”.
Arandjelovic concorda che avere una mappa genetica di riferimento che sia accurata e dettagliata sia di fondamentale importanza per determinare la provenienza dei primati confiscati dal traffico di animali da compagnia. Sostiene che la tecnica impiegata dallo studio, che ha analizzato migliaia di marcatori diversi, fornisce informazioni molto precise sui singoli individui. Tuttavia, a causa del costo e dei materiali specifici necessari per condurre questo tipo di analisi, non è possibile condurre questa ricerca presso il paese d’origine degli scimpanzè.
Arandjelovic vuole capire se sia possibile realizzare una mappa utilizzando tecniche più semplici e meno costose che analizzino meno porzioni di un genoma. Una tecnica simile potrebbe essere facilmente condotta nei paesi in cui vivono gli scimpanzè. “Sarebbe fantastico se non dovessimo trasportare i campioni, ma se potessimo fare tutto nel paese stesso”, spiega la primatologa. “Sarebbe tutto quanto più veloce (non dovremmo avere a che fare con i permessi di trasporto) e potremmo potenziare le capacità facendo in modo che le persone del posto lavorino al progetto invece che inviare i campioni in Europa o in nord America”. Non è però chiaro se questa tecnica più semplice fornirebbe una quantità sufficiente di informazione genetica utile alla realizzazione della mappa.
Frandsen e Arandjelovic concordano sul fatto che siamo solo all’inizio dell’impiego di tecniche genetiche per localizzare i luoghi d’origine degli animali colpiti dal traffico di fauna selvatica. Lo studio in questione è una prima dimostrazione del progetto ideato dai ricercatori, spiega Frandsen. “C’è ancora tanto lavoro da fare”, continua, “e si tratta anche di un modello per altri progetti di conservazione. Esistono una marea di altri taxa su cui lo si potrebbe applicare”.
Citazione:
- Frandsen, P., Fontsere, C., Nielsen, S.V., Hanghøj, K., Castejon-Fernandez, N., Lizano, E., … Hvilsom, C. (2020). Targeted conservation genetics of the endangered chimpanzee. Heredity, 125(1), 15-27. doi:10.1038/s41437-020-0313-0
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2020/08/a-genetic-map-hopes-to-trace-rescued-chimps-back-to-their-homes/