- Le tartarughe embricate, specie in pericolo critico, vengono cacciate da secoli per i disegni presenti sui loro gusci, con cui vengono fatti gioielli e oggetti particolari.
- Lo sfruttamento e il commercio hanno spinto questa specie sull’orlo dell’estinzione; nonostante l’uccisione e il commercio di queste tartarughe o di parti del loro corpo siano vietati a livello internazionale, la continua richiesta continua ad alimentarne il traffico illegale.
- Gli scienziati sperano che l’attivazione di un nuovo database contenente il DNA di tutte le tartarughe del pianeta, combinato a tecniche forensi basate sul DNA della fauna selvatica, possa ribaltare la situazione.
- Questa nuova risorsa, chiamata ShellBank, consentirà alle autorità autorizzate di risalire al luogo di origine delle tartarughe a partire dai prodotti fatti con il loro guscio, in modo da reprimere severamente il bracconaggio e il traffico illegale in tali aree.
Il guscio protettivo di una tartaruga embricata rappresenta anche, sotto alcuni aspetti, il suo più grande punto debole. Gli splendidi motivi che lo decorano e lo spessore che lo rende adatto all’intaglio ne fanno il materiale più popolare ricercato da secoli per creare ogni tipo di oggetto in guscio di tartaruga, da gioielli e ciondoli a montature per occhiali, fino ad un intero genere dell’artigianato giapponese chiamato bekko. Nonostante il commercio di tutti questi prodotti sia attualmente vietato dalla CITES, la Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie minacciate di estinzione, la continua richiesta alimenta un traffico illegale che sta spingendo la specie, già in pericolo critico, sull’orlo dell’estinzione.
Finora, bracconieri e commercianti senza scrupoli sono riusciti a sfuggire alla legge perché è difficile risalire all’origine geografica delle migliaia di oggetti in guscio di tartaruga che vengono confiscati ogni anno in tutto il mondo. Tuttavia, grazie all’attivazione di un nuovo database contenente il DNA delle tartarughe marine, chiamato ShellBank, la situazione potrebbe ribaltarsi.
ShellBank arriva proprio al momento giusto. Gli scienziati ritengono tche, negli ultimi 180 anni, l’uomo abbia ucciso circa 9 milioni di tartarughe embricate (Eretmochelys imbricata) soprattutto per il loro guscio. Di conseguenza, il loro numero è calato del 75% dai livelli storici e, secondo analisi recenti delle popolazioni, rimangono meno di 25.000 femmine adulte allo stato selvatico.
ShellBank è un’iniziativa guidata dal WWF in collaborazione con enti governativi, istituzioni accademiche no-profit e comunità. Viene pubblicizzato come il primo repository di dati genetici sulle tartarughe marine globale e accessibile che ha lo scopo di consentire alle autorità di reprimere severamente il bracconaggio e il commercio illegale e, allo stesso tempo, di aiutare i ricercatori a monitorare le dinamiche delle popolazioni di tartarughe marine.
“In passato, questi dati dovevano essere estratti dalle varie pubblicazioni e archiviati nei fogli di lavoro personali dei singoli ricercatori” ha spiegato a Mongabay Michael Jensen, coordinatore di genetica delle specie marine per WWF Australia. Il database del DNA raccoglie dati genetici da tre fonti principali: prodotti in guscio di tartaruga, tartarughe nei luoghi di nidificazione; tartarughe in mare, compresi esemplari in cerca di cibo e catture accessorie dei pescherecci.
Estraendo il DNA dai prodotti di contrabbando, le autorità saranno in grado di usare le informazioni contenute all’interno di ShellBank per risalire al luogo di nidificazione della tartaruga uccisa. Infatti, sebbene vengano catturate anche in mare, le tartarughe marine sono molto più vulnerabili sulla terra, nei luoghi dove nidificano. Secondo il WWF, una volta individuati i luoghi di nidificazione a rischio, le autorità potranno concentrare normative e misure di conservazione in questi territori per reprimere la caccia illegale.
L’approccio è simile ai metodi utilizzati nelle investigazioni forensi basate sul DNA in altri grandi canali del traffico illegale di fauna selvatica, come l’avorio, i corni di rinoceronte e le ossa di tigre. Alcuni di questi metodi hanno fornito prove schiaccianti alle indagini giudiziarie.
Il processo utilizzato dalla scienza forense per le tartarughe marine si fonda sul lavoro di scienziati che hanno studiato tartarughe pescate per sbaglio o spiaggiate sulle coste, e si concentra, in particolare, sull’analisi di piccole discrepanze nel DNA mitocondriale che distingue popolazioni riproduttive diverse.
“È risaputo che le femmine di tartaruga marina ritornano al proprio luogo d’origine per riprodursi e deporre le uova: questo processo viene definito natal homing” ci ha raccontato Jensen. “Di conseguenza, le popolazioni hanno un tratto genetico distintivo unico per ciascun luogo di nidificazione. Mappando il tratto genetico distintivo di ciascuna regione di nidificazione, si può determinare l’origine di tartarughe campionate al di fuori delle spiagge di nidificazione.”
Nel 2021, Jensen e i suoi collaboratori, provenienti da Australia e Stati Uniti, hanno dimostrato che, applicando questi principi al DNA estratto dagli oggetti in guscio di tartaruga, erano in grado di identificare il luogo di riproduzione degli sfortunati possessori: infatti, sono riusciti a tracciare oggetti presi in mercati di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone e a scoprire che il luogo di nidificazione si trovava proprio nelle Isole Salomone, dove la raccolta di sussistenza di tartarughe marine per il consumo diretto è ancora legale.
Più di recente, i ricercatori hanno utilizzato il database ShellBank per tracciare le origini di centinaia di oggetti raccolti in Australia tra il 2020 e il 2021 grazie a una campagna del WWF che incoraggiava la popolazione a consegnare alle autorità i prodotti in guscio di tartaruga. Circa il 60% degli oggetti ceduti erano in guscio di tartaruga embricata (il resto era in plastica o realizzato con il guscio di altre specie di tartarughe marine e di terra): metà di questi sono stati fatti risalire a popolazioni originarie dell’Oceano Pacifico e dell’Oceano Indiano e un quarto a popolazioni del Pacifico sudoccidentale, mentre quantità più piccole sono state attribuite a Malesia, Giappone e ai Caraibi.
Jensen ha rivelato che, all’inizio, il lavoro per costituire il database ShellBank era concentrato sull’Asia Pacifica, importante snodo del commercio illegale di prodotti in guscio di tartaruga e della loro richiesta: solo tra il 2015 e il 2018 in Indonesia, Malesia e Vietnam sono stati confiscati più di 1.000 oggetti e grandi quantità di gusci non lavorati. C’è da aggiungere che i numeri delle popolazioni di tartarughe sono pericolosamente bassi: in questa regione, infatti, si suppone che siano rimaste meno di 5.000 femmine.
Finora, i ricercatori conoscono il tratto genetico distintivo di cinque gruppi di riproduzione di tartarughe embricate dell’Asia Pacifica che fanno capo a sette singoli luoghi di nidificazione. Jensen ha affermato che il team di ricerca vuole triplicare questi numeri entro la fine del 2022, collaborando con ricercatori di tutta la regione, per campionare ancora più tartarughe e prodotti fatti con il loro guscio e per costruire i loro profili genetici.
“L’aspetto più impegnativo per una attribuzione precisa del luogo di nidificazione è rappresentata dalla creazione di un database esaustivo di tutte (o della maggior parte) le popolazioni riproduttive con cui effettuare un confronto. Con l’ampliamento del database, saremo in grado di ricostruire l’origine di una popolazione con precisione sempre maggiore,” ha detto Jensen.
“Abbiamo davvero bisogno di ogni risorsa a nostra disposizione per rallentare e, prima o poi, porre fine l’insostenibile sfruttamento delle tartarughe marine, e la chiave per riuscirci è la collaborazione,” ha scritto in una e-mail a Mongabay un portavoce del Large Marine Vertebrates Research Institute (LAMAVE), un’associazione no-profit con sede nelle Filippine che, come tante altre, sta collaborando alla realizzazione del database ShellBank. “In un paese come le Filippine, formato da oltre 7.600 isole e con 109 milioni di abitanti, questi dati contribuiranno a concentrare e sfruttare a meglio le risorse esistenti e a rafforzare enormemente le misure adottate dalle autorità nazionali per combattere il traffico illegale di fauna selvatica,” continua l’e-mail.
Oltre che nelle nuove scoperte nel campo della genetica, Jensen ha detto di avere molta fiducia nel recente impegno politico, a livello mondiale, per contrastare il commercio illegale di tartarughe. All’inizio dell’anno, infatti, Cambogia, Myanmar, Filippine e Vietnam hanno sostenuto un piano d’azione regionale dedicato alla protezione di questa specie nell’ambito del loro impegno nella Convenzione sulle Specie Migratorie. Nello stesso periodo, a seguito di un severo divieto sui prodotti in guscio di tartaruga, gli esemplari di tartaruga embricata nelle Seychelles, ormai decimati, si sono ripresi.
“Se il traffico illegale di prodotti in guscio di tartaruga procede senza controllo, continuerà a fare pressione sulle popolazioni più ristrette e più vulnerabili,” sostiene Jensen. “Siamo fiduciosi che progetti come ShellBank contribuiscano a porre fine al traffico illegale di prodotti in guscio di tartaruga e a fornire alle tartarughe embricate la protezione necessaria alla loro ripresa.”
Banner image: Tartaruga embricata che nuota nei pressi della barriera corallina a Kimbe Bay, in Nuova Britannia Occidentale, Papua Nuova Guinea. Foto di © Jürgen Freund / WWF.
Citazioni:
Miller, E. A., McClenachan, L., Uni, Y., Phocas, G., Hagemann, M. E., & Van Houtan, K. S. (2019). The historical development of complex global trafficking networks for marine wildlife. Science Advances, 5(3). doi:10.1126/sciadv.aav5948
LaCasella, E. L., Jensen, M. P., Madden Hof, C. A., Bell, I. P., Frey, A., & Dutton, P. H. (2021). Mitochondrial DNA profiling to combat the illegal trade in tortoiseshell products. Frontiers in Marine Science, 7. doi:10.3389/fmars.2020.595853
Carolyn Cowan fa parte della redazione di Mongabay. Seguitela su Twitter @CarolynCowan11
Articolo originale: https://news-mongabay-com.mongabay.com/2022/07/turtle-dna-database-traces-illegal-shell-trade-to-poaching-hotspots/